LA STORIA

Coronavirus: addio al barese Matteo De Cosmo, art director della «Marvel» a New York

MARCO SECLÌ

Si è spento il 21 aprile scorso a 52 anni, sconfitto dal Coronavirus nella stanza di una clinica del New Jersey

Ha combattuto per un mese, come uno dei supereroi forgiati sulle scene dalla sua creatività smisurata, dal suo talento cristallino di artista. Si è spento il 21 aprile scorso a 52 anni, sconfitto dal coronavirus nella stanza di una clinica del New Jersey, Matteo De Cosmo, direttore artistico di numerose serie televisive di successo targate Marvel-Netflix.

Barese doc, anzi barivecchiano doc, aveva sfondato nello showbiz a stelle e strisce, diventando uno degli scenografi più apprezzati della Grande Mela, epicentro delle produzioni che finiscono nei cinema e sulle Tv di tutto il mondo.
Diploma al liceo artistico «De Nittis», poi l’Accademia delle belle arti, matita e penna sempre in mano, pronta per i bozzetti di ogni genere, una bravura riconosciuta dai prof, le borse di studio. Quindi, nel ’94, il grande salto in America, con una valigia di sogni. C’è da fare la gavetta e Matteo non si tira indietro. Iniziano le piccole collaborazioni sui set, ma anche nell’allestimento scenografico dei palchi delle star della musica, come Michael Jackson.

E, così, passo dopo passo, quell’italiano affascinante, gentile e sensibile, grande creativo, viene sempre più apprezzato, si fa strada. Iniziano le collaborazioni per il grande schermo in film come «21 Bridges», «Mai così vicini» di Rob Reiner, «Precious» e molti altri. Per la Tv lavora a The Affair e Madam Secretary. Fino alla consacrazione definitiva. C’è la mano di Matteo De Cosmo in serie tv popolarissime Marvel-Netflix come «Luke Cage», il supereroe nero di Harlem impegnato nella lotta tra il bene e il male. O nell’altro serial di successo planetario, «The Punisher».

Manager ormai affermato, era impegnato nelle lavorazioni della nuova serie «Harlem’s Kitchen», bloccate a marzo dallo scoppio dell’epidemia di Covid-19. La stessa che ha spezzato la vita di Matteo.

Dopo due anni di assenza, a Natale era tornato nella sua Bari per stare vicino all’adorata sorella Lucia, per trovare papà Nicola, operaio in pensione, e il fratello minore Michele. Mamma Rosaria, sarta e modellista, anch’essa di talento, era scomparsa prematuramente nel ‘95, 25 giorni dopo la partenza di Matteo per gli Stati Uniti. Quella di fine dicembre è stata la sua ultima passeggiata tra i vicoli che lo hanno visto crescere.

Il 23 marzo chiede il ricovero in una clinica privata dopo qualche giorno di febbre: esami, problemi respiratori che si accentuano. Sembra riprendersi ma non è così.

La sua scomparsa viene comunicata ufficialmente il primo maggio, ripresa dai principali giornali americani e non solo specializzati in cinema e tv. Getta nello sconforto la moglie Aris Mejer, attrice di origine portoricana, il figlio Marcello, 15 anni, che vive in Australia con la seconda moglie. Lascia di stucco i tanti colleghi e amici che gli volevano bene. Zahir McGee, regista di Harlem’s Kitchen, ha commentato: «Fare televisione è difficile, ma ci sono persone che ti rassicurano ogni giorno con il loro talento, la loro passione e il loro sorriso, convincendoti che tutto sia possibile. Matteo era una di queste persone. Mancherà a tutti». E Il produttore Gail Barringer, con cui aveva lavorato a lungo, ha sottolineato: «La nostra comunità cinematografica di New York è piccola. Siamo sconvolti per la morte di Matteo. Era un vero artista, collaborativo, che ha portato felicità a ogni spettacolo cui ha lavorato. Ci mancherà molto».

E quando la notizia ha varcato l’oceano ed è giunta in città, anche i tanti baresi che lo hanno conosciuto non hanno trattenuto le lacrime. Compagni di liceo e di Accademia, professori, amici, ragazzi di Bari vecchia conosciuti in quella giovinezza felice protetta da una famiglia per bene.

Lucia De Cosmo è ancora distrutta dal dolore: «L’ho visto per l’ultima volta in una videochiamata che mi ha fatto prima del ricovero, non riesco ancora a capacitarmi che sia finita così...era venuto a Bari per me, perché ero alle prese con problemi di salute. Matteo era una persona incredibile. A parte il talento che ha mostrato fin da ragazzino, aveva un cuore grande, immenso. Sì, era l’uomo della mia vita...».

Una dichiarazione d’amore che lui, uomo dalle relazioni sentimentali un po’ turbolente come lo sono quelle di molti artisti, sposato tre volte, avrebbe ricambiato.

Lucia, in questi giorni difficili, è stata confortata dall’affetto che ha percepito intorno a sé, dal sapere quante persone hanno voluto bene al fratello. «Mi hanno chiamata in tanti, anche qualche docente di Matteo, come il professor Michele Di Pinto, che lo aveva sempre apprezzato».

Ora Lucia, mentre elabora un lutto così devastante, pensa a un modo per ricordare la personalità e il talento puro di Matteo.

«Non lo so, magari un premio che porta il suo nome per i giovani studenti del De Nittis o dell’Accademia. Vorrei anche contattare il sindaco Decaro per chiedergli, quando sarà possibile, di intitolare a Matteo una via della città vecchia, cui era ancora così legato nonostante i tanti anni vissuti lontano».

Sì, Matteo De Cosmo aveva conquistato New York, ma non aveva mai dimenticato le stradine da cui era partito.

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