L'idea

Datemi una parola e vi solleverò il mondo: i termini scelti dai vip baresi

Francesca Di Tommaso

Abbiamo chiesto ad alcuni rappresentanti della società civile qual è la loro «parola da salvare»

BARI - Dopo Milano, Torino, Firenze e Bologna, fa tappa anche a Bari il progetto #paroledasalvare presentato dalla Zanichelli. Nell’edizione 2020 del vocabolario della casa editrice, saranno 3.126 le parole contraddistinte da un fiorellino, simbolo grafico che le contrassegna come «parole da salvare» perché sempre meno presenti nell’uso scritto, orale e nei mezzi di informazione. Fino a sabato in piazza Diaz ecco l’installazione-vocabolario, chiamata #AreaZ: una zona a lessico illimitato in cui trovare le parole giuste per esprimere il mondo. Sulla quarta di copertina, un monitor touchscreen proporrà a rotazione 5 dei 3126 lemmi da salvare. Scelta la propria parola da salvare, sarà possibile postarla, con il suo significato, sui propri canali Facebook e Instagram direttamente dallo schermo del vocabolario. Scegliere una parola, una di quelle che ti riempiono il cuore e che non leggi e men che mai ascolti più. Sarà perché «desueta», sarà perché siamo travolti da inglesismi che spacciamo per neologismi. Sarà. In ogni caso, abbiamo chiesto ad alcuni rappresentanti della società civile qual è la loro «parola da salvare»

Antonio Decaro

Mantenersi: è la parola che vorrei assumesse un valore più importante nei nostri dialoghi quotidiani. Una parola, un verbo, all’apparenza ordinario, quasi insignificante nel linguaggio comune, ma che rimanda immediatamente a un gesto a cui tengo particolarmente: tenersi per mano. Mantenersi, nell’accezione più comune, indica l’azione di tenersi in equilibrio in una determinata situazione, e due forze o due pesi sono in equilibrio tra loro quando si incontrano e si assestano, creando una sorta di relazione e di legame (mantenersi a galla per sopravvivere, mantenersi in sella per non cadere). Mantenersi può significare ancora darsi sostegno, aiutare l’altro a stare in una determinata posizione. In qualsiasi accezione scegliamo di declinare il verbo, l’immagine che mi torna alla mente è quella del «tenersi per mano» come gesto di cura, di relazione, di equilibrio, di sostegno. Questo è il concetto che vorrei salvare e salvaguardare per la mia comunità. Una comunità che sa prendersi cura di se stessa, dialogare, sostenersi e mantenersi, tenendosi per mano.

Gigia Bucci

Resilienza: Vorrei usare questa parola in termini figurati e applicarla non solo alla natura ma anche alla società intesa come un insieme di relazioni umane. Credo che soprattutto i giovani abbiano bisogno di un modello di società che reintroduca nel suo agire quotidiano il concetto di solidarietà fatto di piccoli gesti che però insieme ricostituiscono il tessuto dello stare insieme per superare le difficoltà, un individualismo spinto che impoverisce tutti.
Ugo Patroni Griffi Accorsato. È un meridionalismo, lo so. Ma proprio per questa va salvata. E poi richiama folla, imprenditoria, dinamismo. Ciò che ora manca al meridione. E quindi esprime ottimismo.

Gaetano Sassanelli

Caravanserraglio. Non è una parola, è un sortilegio, certamente inadatto alla sintesi dei giorni nostri che comprime le parole, trasformandole in un estratto di consonanti. Dubito che sia stata qualche chat a ricordarmela: allora capisco. Avevo liquidato quel vocabolario come una nota di colore, come un guizzo simpatico in un grigio lunedì della ennesima sentenza profondamente ingiusta ed invece quella parola così fuori dal tempo, ma paragonabile all’enorme monolite di Kubrick in «2001 odissea nello spazio», si è insinuata subdola nella calma piatta dell’odierno lessico della rete e mi ha provocato, quasi irriso, costringendomi a fare meglio, a pensare meglio. Il maestro Kubrick mi perdonerà, ma quel monolite di parole giganti, piantate lì nel bel mezzo della nostra città, laddove tutto è micro e nulla è mega, in un rabbuiato lunedì, mi ha fatto sentire come la sua scimmia violenta e spaesata; come colui che comprende, con tutta la violenza possibile, che tutto è ormai inevitabilmente mutato; un passaggio epocale coperto dal frastuono delle nostre suonerie, e dal cicaleccio molesto e multiforme delle notifiche dei social, che ha trasformato tutto, perfino le coscienze dei Giudici, che hanno sostituito gli esseri umani imputati, in numeri di procedimenti anonimi e senz’anima, oscurati dal caravanserraglio degli atti. Un monolite di parole, che forse è testimone mesto ed inconsapevole del tracollo della nostra cultura, persa in neologismi maldestri ed esterofili. Eccola, di nuovo, a provocarmi ed a stupirmi con la bellezza di un termine impraticabile per i giorni nostri, ma attualissimo se sol penso alla realtà del tempo in cui viviamo. Penso al caravanserraglio che è diventato il nostro confrontarci, urlato, caotico ed irrispettoso; penso al caravanserraglio del dibattito politico, gridato, violento, inconcludente ed ormai all’inseguimento dichiarato dell’ignoranza e della mediocrità; e penso, quasi ossessionato, al caravanserraglio che è diventata la amministrazione della giustizia a Bari: vilipesa, straziata, mutilata e persa nei falsi proclami di ministri e governi inconcludenti, che la costringono, raminga, a muoversi senza casa per le vie cittadine, mettendo in ginocchio lo stesso diritto di difesa. La scimmia del maestro Kubrick, lo avrebbe distrutto questo caravanserraglio, con tutto il disappunto possibile, conscia che grazie a questo monolite, si sarebbe evoluta, mutata per sempre, trasformata in qualcosa di diverso e di nuovo: da quadrupede in bipede.

Daniela Mazzucca

Riluttanza: s. f. esitanza, refrattarietà, renitenza, resistenza, ritrosia ovvero esitazione, incertezza. In un mondo di persone fortemente competenti su ogni argomento ed altrettanto determinate ad imporsi anche con una certa ferocia affabulativa, fa tenerezza la riluttanza, quasi una parola del timido, di chi è abituato ad approfondire, di chi quasi con pudore vuole dire la sua opinione, si schermisce di fronte ad un complimento mellifluo o peggio ad una offesa, ma con ritrosia abbandona il campo, rosso in volto, piuttosto che reagire violentemente. Riluttanza si declina in tanti modi da Hanif Kureishi «Fare del male a qualcuno è un gesto di riluttante intimità»... sembra quasi di percepire con mano il desiderio combattuto di non voler ferire , forse per educazione o delicatezza d’animo, ma nello stesso tempo di sentire l’istinto a farlo per vendicarsi di un torto subito. L’utilizzo più buffo è nella striscia del 6 agosto 1973 di Charles M. Schultz: «Sebbene suo marito andasse spesso in viaggio per affari, ella odiava stare sola. – Ho risolto il nostro problema, – disse egli. – Ti ho comprato un san Bernardo. Si chiama Estrema Riluttanza. Adesso, quando vado via, sai che ti lascio con Estrema Riluttanza! – Ella lo colpì con un mestolo».

Michele Sgobba

Capocanale (u capecanale). Nel gergo pugliese, il capocanale è il ringraziamento del committente di un'opera importante verso tutti coloro che hanno contribuito al completamento della stessa.
Il capocanale era una festa che si svolgeva alla fine dei lavori di una costruzione in concomitanza dell’ultimo colpo di piccone alla chiusa di un canale dopo essere stato terminato e consisteva in un pranzo di ringraziamento, una grande abbuffata offerta dai padroni di casa a tutti i lavoranti.
Quando ho iniziato a fare l’architetto il capocanale era una consuetudine che non poteva essere disattesa anche perché tutti i lavoratori non perdevano l’occasione per rivendicarla mentre i proprietari la promettevano nella speranza di accelerare i lavori e di poter finalmente entrare nella propria abitazione.
I primi capocanale a cui ho partecipato erano un vero e proprio rito che, per un giorno, vedeva l‘inversione dei ruoli in cui erano i padroni a servire i lavoratori come premio e ringraziamento per il lavoro svolto e l’occasione per ricordare in maniera scherzosa le vicissitudini e le disavventure del cantiere.
Col passare del tempo il pranzo preparato in casa è stato sostituito da una mangiata in pizzeria o al ristorante che non ha lo stesso fascino del pranzo preparato e servito dai proprietari ma ha almeno contribuito a conservare la tradizioni.
Oggi questa abitudine comincia a perdersi perché spesso i problemi economici non consentono di completare i lavori e i contenziosi tra proprietari e imprese,oggi in continuo aumento, non consentono di avere la serenità giusta per poter celebrare questa antica consuetudine.
Conservare questa parola è un auspicio affinché si possa riprendere questa antica consuetudine che riusciva a rasserenare gli animi dopo le inevitabili tensioni dovute al protrarsi dei lavori e a ridare a tutti, proprietari e lavoratori il senso di appartenenza ad una comunità solidale.

Patrizia Del Giudice

La parola è: Natalità Perché rappresenta il drammatico fenomeno delle mancate nascite in questi ultimi anni e per il quale mi sto battendo tra mille ostacoli anche nel mio ruolo istituzionale. Perché è la parola che indica l’infinito. La nascita è in ogni dove ed in ogni gesto,è dare la vita, è la speranza, è la continuità, è il significato più ampio della stessa esistenza del creato. Nascita è legato a noi stessi che possiamo sbagliare e darci una seconda possibilità con la «rinascita», che poi è stato anche il titolo del nostro primo evento voluto a favore delle donne detenute. Ed infine perché nascita è il contrario di morte, di fine, di sbagli.

Filippo Melchiorre

Coerenza.Un modo di pensare/agire che, per chi come me esercita attività politica da quasi un trentennio sempre dalla stessa parte e con lo stesso impegno, è sempre meno praticato da esponenti politici locali e nazionali. E se il vocabolario italiano ci ricorda che per «coerenza» si intende la «conformità tra le proprie convinzioni e l'agire pratico» nella vita politica, oggi, tutto si può dire e tutto si può smentire nell’arco di pochissimi giorni. Un comportamento che è sotto l’occhio di tutti noi.

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