La decisione
Punta Perotti, la sentenza di Strasburgo non ha coperto tutti i danni ai costruttori
La Corte d'Appello dice no a Comune e Regione: «Ma ai Matarrese non spetta il risarcimento per la mancata lottizzazione»
I costruttori di Punta Perotti potrebbero aver diritto ad altri soldi oltre quelli già ottenuti dalla Corte europea per i diritti dell’uomo. Ma non al risarcimento per non aver guadagnato nulla con gli appartamenti a due passi dal mare, perché lì sul lungomare di Bari non si doveva (né poteva) costruire. La Corte d’appello di Bari è tornata sul caso dell’ecomostro barese, ed ha detto «no» a ministero dei Beni culturali, Regione e Comune che avevano chiesto di revocare la consulenza tecnica d’ufficio affidata per ricostruire le singole voci di spesa affrontate dalla Sud Fondi, la società della famiglia Matarrese proprietaria della maggior parte delle aree.
L’ordinanza (Terza sezione civile, presidente relatore Guaglione) ha dunque revocato uno dei quesiti posti al collegio dei consulenti tecnici (Gabriella De Giorgi dell’Università del Salento, Raffaele Dell’Anna dell’Ordine degli ingegneri di Lecce, Marco Botrugno dell’Ordine dei commercialisti di Brindisi). Quello, appunto, relativo al lucro cessante, il cui ristoro «equivarrebbe ad un indebito riconoscimento di un profitto scaturito direttamente da un’attività, materiale e negoziale, di cui è stata definitivamente accertata l’oggettiva illiceità penale». A Punta Perotti, insomma, non si può costruire. Ed è questo il motivo per cui di recente il Tribunale di Bari ha valutato i suoli appena 175 euro a metro quadro.
I palazzi di Punta Perotti furono abbattuti in seguito alla confisca per lottizzazione abusiva, confisca poi revocata dalla Cassazione in mancanza di condanna penale a carico dei costruttori. Proprio per questo corto circuito (una pena irrogata senza accertamento di illiceità) nel 2012 la Cedu ha riconosciuto alle tre imprese (oltre ai Matarrese, anche Andidero e Quistelli) un risarcimento pari a 49 milioni, che copre il periodo tra la confisca e la restituzione dei suoli ed è stato calcolato applicando l’interesse legale sul loro valore. L’ordinanza del collegio barese chiarisce che ciò di cui si discute adesso (i danni causati all’attività di impresa dal rilascio di autorizzazioni che non potevano essere rilasciate) è diverso da ciò di cui si è discusso allora davanti ai giudici europei. E peraltro, la Corte d’appello definisce «controvertibile», cioè opinabile, la tesi di ministero, Comune e Regione che ritengono di non avere responsabilità nella faccenda.
L’ordinanza non riconosce alcun risarcimento, ma ribadisce che prima di entrare nel merito bisogna quantificare le cifre di cui si parla. E sottolinea, in particolare, che la sentenza di Strasburgo del 2012 non è chiara su alcune voci di danno. Ma stabilisce che ai Matarrese non spetta nulla nemmeno a titolo di lucro cessante indiretto (gli interessi che avrebbero ottenuto se avessero lasciato quei soldi in banca), come già aveva stabilito sul punto, nel 2014, il Tribunale di Bari, che aveva detto «no» a qualunque altro risarcimento oltre a quello riconosciuto da Strasburgo.
Gli accertamenti tecnici partiranno in ottobre. La richiesta della Sud Fondi si aggira sui 480 milioni, di cui 90 per il lucro cessante.