Il commento
Modello Emiliano, esame pugliese
Il ritorno alle urne sarà l’occasione per misurare la tenuta delle forze di governo, soprattutto del M5S, egemone alle ultime politiche
Le comunali di Bari, Foggia e Lecce, insieme alle Europee, trasformeranno la Puglia nel tavolo di scrittura di una nuova narrazione politica. E l’esito potrebbe avere un innegabile esito nazionale. Il dato di partenza: saranno amministrative almeno con tre poli e con una presenza imprevedibile di forze civiche.
Il ritorno alle urne sarà l’occasione per misurare la tenuta delle forze di governo, soprattutto del M5S, egemone alle ultime politiche. Da marzo però i grillini hanno dovuto confrontarsi con dossier roventi - Ilva e Tap - assumendo, nonostante le dichiarazioni temerarie di Alessandro Di Battista, decisioni di stringente realismo (via libera all’accordo a Taranto con ArcelorMittal, e nessun impedimento per il gasdotto).
Il peso dei pentastellati sarà visibile soprattutto nel dato delle europee (quanto trainerà il Reddito di cittadinanza che dovrebbe a maggio essere già in fase di erogazione?), mentre nelle amministrative la legge elettorale penalizza i soggetti politici che non stringono alleanze. La Lega, invece, forte di tre parlamentari e un consigliere regionale, nonché di Nuccio Altieri all’Invimit, punta a diventare il primo partito della coalizione destrorsa, sfruttando l’onda lunga del reazionarismo di Salvini e gli effetti delle campagne laburiste del partito (vedi quota 100, in grado di sedurre l’elettorato tradizionalmente di sinistra).
Centrosinistra e centrodestra cercano formule nuove per presentare agli elettori proposte in grado di depotenziare le vele dell’antipolitica. Sul fronte progressista a Foggia e Lecce la discussione interna è ancora in alto mare (nel comune salentino potrebbe ricandidarsi Carlo Salvemini, o consolidarsi una coalizione emilianista con alla guida Alessandro Delli Noci), mentre a Bari si confrontano due idee di coalizione. La prima, creativa, post-ideologica e inclusiva, è quella disegnata da Michele Emiliano: il governatore, dando per scontata la non autosufficienza del centrosinistra, ha aperto al mondo civico e a ex berlusconiani (Massimo Cassano e Gianni Stea), nonché all’ex sindaco barese Simone Di Cagno Abbrescia, una volta icona della destra, ora diventato negli ambienti conservatori simbolo di trasformismo e ingratitudine. A questa alleanza rinforzata da innesti destrorsi Emiliano guarda per le prossime regionali e soprattutto per le comunali baresi. Ma qui si scontra con il sindaco uscente Antonio Decaro, deciso (per ora) ad andare avanti con i sostenitori del 2014. Il centrosinistra allargato non convince Sinistra italiana e alcuni settori del Pd, speranzosi che Decaro possa vincere le comunali senza «aiutini» e con un profilo da «sindaco dei baresi». Il braccio di ferro Emiliano-Decaro è ancora in corso e il risultato finale avrà riflessi rilevanti nella successiva corsa del 2020.
Il centrodestra spera di ritornare ai fasti dell’era tatarelliana ricorrendo alle primarie. Dopo mesi di riunioni inconcludenti tra i responsabili regionali di Fi, Fdi, Lega e Direzione Italia, un patto tra conservatori e sovranisti ha lanciato i gazebo per Bari e Foggia, sistema che potrebbe essere adottato anche a Lecce. Nel capoluogo regionale i forzisti, dopo aver bocciato le primarie, con una mossa teatrale hanno annunciato l’appoggio per Pasquale Di Rella, ex Pd sostenuto dal facoltoso imprenditore Nicola Canonico. Le altre opzioni? Filippo Melchiorre con Fratelli d’Italia, Davide Bellomo con i fittiani e Fabio Romito per la Lega, ma possibili alleanze o sintesi non sono da escludere. A Foggia il nodo è tutto legato alla partecipazione o no del sindaco uscente Franco Landella alle primarie (il primo cittadino spinge per una ricandidatura automatica). A Lecce l’ex sindaco Paolo Perrone si è tirato fuori dai giochi, e il nome più forte appare quello di Erio Congedo, consigliere regionale meloniano (che al momento non si sbilancia).
Sullo sfondo, infine, c’è la riproposizione nelle contese municipali della frattura tra élite e popolo, tra centro e periferie: il voto mai come adesso registrerà uno iato tra i quartieri borghesi e le borgate che hanno priorità «basiche» completamente alternative a quelle dei cittadini delle aree più esclusive.