Il dibattito
Porto di Bari, opere pubbliche e tempi biblici «In Egitto stanno meglio di noi»
Critico il presidente dell’Autorità portuale. La speranza? Zone economiche speciali
BARI - «Il sindaco Decaro ci ha parlato della camionale che collegherà il porto di Bari con la zona industriale, grazie ad un progetto già finanziato e che sarà pronto tra due anni. Vorrei sottolineare che in due anni l’Egitto ha realizzato il raddoppio del canale di Suez. E noi nello stesso tempo riusciamo a fare solo il progetto? Ci rendiamo conto che non siamo competitivi?».
La bomba esplode nel bel mezzo della conferenza sui porti del Mezzogiorno, un momento di riflessione fortemente voluto da Ugo Patroni Griffi presidente dell'Autorità di sistema portuale del mare Adriatico meridionale per fare il punto sulle opportunità, le potenzialità, le occasioni sociali che l’economia del mare può portare a Bari e al Mezzogiorno. Ma lo stesso Patroni Griffi non può tacere lo sconcerto di imprenditori e investitori, di società civile, intellettuali e professionisti, rispetto a una burocrazia che ancora fa da zavorra al nostro bisogno di futuro.
«Il progetto della camionale risale al 1975 – sottolinea Patroni Griffi – comprendeva Marisabella, e ancora non è stata terminata. Non solo, a Bari il piano regolatore portuale prevedeva l’apertura dell’Asse Nord-Sud per collegare il porto alla Puglia agricola sulla Murgia e alle industrie tradizionali. Anche questo ancora non è terminato». Progetti che potrebbero servire a facilitare il traffico da e per il porto, che se si trasformasse in zona Zes (zona economica speciale) potrebbe veramente far decollare l’economia di tutta la Regione.
Le Zes, ad esempio, sono una un’occasione che almeno per il momento rimane nel cassetto, come certi sogni. «Le Zes nascono per cambiare il modello economico di un territorio – spiega nel suo intervento Patroni Griffi - i primi a sperimentarle furono gli irlandesi e per il Mezzogiorno sarebbero una possibilità unica. Il Sud, anche a causa della crisi, è l’area che ha perso più punti in assoluto. Se il porto diventasse area Zes potrebbe diventare motore di un nuovo sviluppo. Basti pensare che già ora il sistema portuale è il più alto moltiplicatore economico in assoluto con un rapporto di 1:2,5».
Ma molte cose vanno ripensate, a cominciare dal porto e dal retroporto. «E tra i lavori più importanti da fare in un porto, che punta ad attrarre grandi navi - aggiunge il presidente dell’Authority - ci sono sicuramente i lavori di dragaggio».
Zes, progetti, lavori, visioni, connessioni. Di tutto questo la città ha disperato bisogno. Come del tempo, che purtroppo stagna. «C’è assolutamente bisogno di una corsia più veloce per ottenere la Zes – spiega Patroni Griffi – e non è lo Stato a poterlo rendere possibile, ma gli enti locali. Non solo. Le Zes possono essere rese immediatamente attive derogando le leggi nazionali e applicando le normative europee, si abbatterebbero così i tempi delle nostre procedure burocratiche del 30-40%. C’è bisogno di scegliere quello che si vuole diventare e farlo senza perdere tempo».
Con la Zes il porto di Bari diventerebbe una sorta di zona franca, gli scambi sarebbero facilitati grazie anche a leggi semplificate secondo modelli europei, piattaforme di scambio supportate dalla tecnologia e che aiuterebbero le imprese a crescere. Naturalmente un costo da pagare c’è, ed è in caratteri ambientali. «I porti sono tali se arrivano le navi – mette in evidenza Patroni Griffi – altrimenti sono piscine. Ecco perché una Zes deve essere frutto di una decisione che porta con sé una visione. Deve essere ben chiaro che la scelta di una Zes porta con sé un costo impattante, perché ogni impresa ha un costo ambientale. Tutte le infrastrutture hanno un problema di compatibilità ambientale, per questo nelle Zes non ci possono essere zone residenziali. Non in tutto si può coniugare lo sviluppo con l’ambiente e il cambiamento non è mai indolore. Ma dobbiamo decidere se farlo ed ora, perché la globalizzazione non è paziente, pretende risposte».