Il commento

Come vincere gli europei: promemoria per il ct Draghi

Umberto Sulpasso

Presidente-allenatore della Nazionale di governo: se i suoi ministri dell’istruzione non capiscono che l’emergenza sapere è anche più duratura di quella Covid, come può la Nazionale vincere l’Europeo?

Le telecamere spalancate si affacciavano in una calda giornata di marzo su Palazzo Chigi.
Barabàs mollò la cinghia; Geréb raccolse le gambe; Weisz lasciò stare le tasche; Csònakos coprì l’ultimo sbadiglio con il palmo della mano; Csele lasciòin pace le pagine dei suoi libri; Boka calò in tasca il suo calamaio rosso, e subito sentì una macchia turchina che gli si allargava in tasca. L’allenatore della Nazionale di Governo Mario Draghi domandò: “Che ora è?”

Erano le 17.30. Gli italiani TV curiosavano gli schermi per ascoltare il Presidente. Ma avrebbero atteso. I rissosi di via Pàl (Piazza Colonna 370, palazzo Chigi) complottavano. Nemecsek vide una pallottola di carta che, rotolando sul pavimento, arrivò fino a lui. Si chinò per raccoglierla, la aprì e su un lato lesse: “Passa a Boka!” e, lanciando la pallottola, sussurrò: “Attento, Boka!” L’interessato si voltò e si chinò in tempo per afferrare la carta.

La aprì con silenziosa cautela e lesse il messaggio: “Conferenza stampa in diretta TV ore 17, 30 e streaming del presidente. Continuare con le risse. Ritardare. Litigare”.

Mario Draghi, il Roberto Mancini della prima Nazionale di governo, perché ha giocatori di tutte le squadre politiche, deve affrontare per la prima volta in diretta TV italiani, intimoriti dal Virus più democratico del mondo - non fa sconti a nessuno. Le 17.30 è l’ora annunciata, ma l’inizio è ritardato.

Come diceva Giuseppe Prezzolini, nel 1917, l’uomo che dava del tu a Mussolini e non lo chiamava mai Duce, e che rifiutò sempre qualsiasi favore dello stesso per non sentirsi in obbligo di dover contraccambiare, “tutto è in ritardo in Italia quando si tratta di iniziare un lavoro”.

Alle 17,30 i rissosi ragazzi di Via Pàl (Piazza Colonna 370, leggi Palazzo Chigi), si scannavano pur di tenere alta qualche bandiera per raggruppare nel futuro gli elettori, come fanno le guide degli stranieri in visita a Firenze, che tengono alta una bandiera per farsi riconoscere. Le bandiere erano: condono fiscale; decreto sostegni; ristori; Astra si riparte?
Il tempo passa. Un’ora. Due. Alla fine “i ragazzi” si arrendono alla strategia della moderazione, e Roberto Mancini, pardon, Mario Draghi può finalmente affrontare la stampa. Complimenti Mister, ha vinto la sua prima difficilissima battaglia, controllare i rissosi.

Mario Draghi, come fa Roberto nelle conferenze della sua Nazionale, si porta appresso un paio di giocatori rappresentativi. Eccoli: Franco che non è un nome, ma un cognome e Orlando, che non è lavoratore, ma un Ministro, (naturalmente questa incombenza non vieta per legge che chi è Ministro non lavori, e può darsi che nel suo caso specifico succeda). Fatto di pregio: ambedue hanno solidi riferimenti letterari che potrebbero aiutare la Nazionale. Un ministro dell’economia (finalmente!) Franco - sulla scia di una più corretta traduzione del titolo di una commedia di Wilde, l’importanza di chiamarsi Ernest, che per cogliere il doppio significato del nome, andrebbe meglio tradotto come l’importanza di chiamarsi Franco - nel rispetto del suo cognome che non è nome, potrebbe riuscire a spiegare – francamente - al cittadino comune in quali tasche finiscono i soldi dello Stato. Contiamo su di Lei Ministro.

Il Ministro del lavoro Orlando può ricordarsi Prezzolini che diceva nel 1917 che in Italia si viaggia gratis in prima classe, si ha una riduzione in seconda, e si paga tariffa intera in terza. Il Ministro potrebbe sollecitare una versione tariffaria fiscale alternativa con tariffe legate ai salari, e se ciò non succede dall’Orlando innamorato (del potere), Boiardo, potrebbe sposare la versione dell’Orlando furioso, Ariosto. Provaci Sam.

Ore 20. L’allenatore della Nazionale di governo finalmente parla agli italiani televedenti, e per arricchire di dati ciò che dice, fa come Mancini: sollecita i due a intervenire. Ambedue, forse intimoriti da tanto allenatore, sembrano quasi sorpresi quando il Mister da loro la parola e in fondo è difficile ricordare cosa hanno detto, ammesso tutto considerato che abbiamo parlato. Ma il fatto si spiega e si giustifica. Mario Draghi, il primo Mister di Palazzo Chigi che sia allenatore di una Nazionale di governo, ha spiegato che quando si gioca in Nazionale, ci vuole compostezza. Il Mister l’ha spiegato così bene che persino i giornalisti quasi si scusavano di fare delle domande.

Ma ora il problema diventa quello di scendere in campo. Il Mister Mancini vuole vincere gli europei, e poi chissà perché no, i mondiali. Il Mister Draghi, c’è da giurarci, ha gli stessi obiettivi. Ma i rissosi ragazzi di Via Pàl (Piazza Colonna 370) pensano a quando i reduci dal Virus dovranno decidere dietro quale bandiera arruolarsi. Elezioni mon amour.
Coraggio Mister. Gli italiani sono con lei. Ma occhio ai ministri dell’istruzione. Come si può vincere l’europeo senza affrontare l’emergenza nazionale sapere? Due fra i tanti problemi. Il primo. Nei prossimi anni Internet passa dalle fibre ottiche ai satelliti, c’è qualche ministro della Istruzione che lo ha scoperto? Glielo chieda a bruciapelo. Il secondo.

L’Università di Firenze è la 253 al mondo. Se non è emergenza questa!! Mi scuso col Direttore se continuo a citare questo dato, ma quel che è troppo è troppo. Nella capitale mondiale del Rinascimento l’università simbolo della più grande rivoluzione artistica culturale planetaria del millennio, è sprofondata nel grigio più totale. Da italiano mi sento personalmente offeso. E voglio ricordarlo agli altri italiani. È una autentica sciagura nazionale. Non è colpa dei fiorentini. Ma di chi ha governato e governa l’istruzione.

Presidente-allenatore della Nazionale di governo: se i suoi ministri dell’istruzione non capiscono che l’emergenza sapere è anche più duratura di quella Covid, come può la Nazionale vincere l’Europeo?

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