L'intervista

Parla Dambruoso: «La Puglia offre accessi all'Europa e aiuti»

Michele De Feudis

Il magistrato: ma qui non ci sono cellule in attesa

BARI - Stefano Dambruoso, magistrato, esperto di terrorismo internazionale e relatore della legge contro il cyber jihadismo dell’Isis nel 2015: l’arresto del presunto terrorista Athmane Touami può far ipotizzare una recrudescenza jihadista?
«L’arresto dell’algerino operato dal Procura antiterrorismo di Bari, guidata da Roberto Rossi, è importante perché conferma la necessità di tenere alta l’attenzione sul fenomeno. Nell’ultimo anno e mezzo c’è stata una pausa: i riflettori sono stati giustamente focalizzati sul il Covid».

La caduta del Califfato segna la fine dell’Isis. Cosa resta in piedi?
«Le intelligence internazionali stanno monitorando il fenomeno. Il tema è la possibile riorganizzazione dopo la caduta di Daesh. Molti miliziani si sono rifugiati nell’Africa centrale, nelle zone dove è stato attaccato mortalmente il nostro ambasciatore Luca Attanasio, nel Sahel o in Libia».

E in Europa?
«Al momento non risulta una presenza strutturata, perché manca un leader islamista capace di aggregare una esperienza di respiro internazionale».

La legislazione italiana, come nel caso barese, offre strumenti per fronteggiare la minaccia terrorista.
«La legge del 2015 è tra le più avanzate nell’Ue e guarda all’evoluzione del terrorismo passato da Al Qaida con gli addestramenti di miliziani in Afghanistan al fenomeno dei lupi solitari, che si autoreclutano e aderiscono all’Isis sul web. Da qui sono nate norme che puniscono in maniera grave chi si associa via internet all’Isis, o si auto-addestra leggendo un manuale su come costruire una bomba. Il caso del pugliese Santamato va inquadrato in questa direzione».

L’algerino bloccato voleva fare proseliti nel Cpr di Bari. Che ruolo ha la città nelle rotte jihadiste dal Medio Oriente?
«Il porto di Bari è storicamente un luogo di accesso all’Europa da parte di una pluralità di soggetti, in prevalenza migranti, che vengono dall’area siriano-irachena, ma molto monitorata è l’emigrazione dal Pakistan».

Che pericolosità emerge?
«L’intelligence nazionale prontamente passa al setaccio i passaggi sospetti. Bari e la Puglia non sono però un luogo con cellule in attesa, ma una terra dove la comunità musulmana è pronta a dare, in alcuni casi, ospitalità o supporto ai fratelli che arrivano nel continente. E’ però utile monitorare i Cpr, perché sono luoghi dove un predicatore capace può pescare nuovi adepti puntando sulla disperazione dei ospitati».

La lotta al terrorismo passa anche da leggi repressive e dal lavoro preventivo dell’intelligence. Ci sono novità su questo fronte?
«I parlamentari Emanuele Fiano e Francesco Paolo Sisto sono impegnati nel completare l’iter di approvazione della legge sulla radicalizzazione che avevo promosso nella passata legislatura. E’ un provvedimento che interviene promuovendo il multiculturalismo e l’interreligiosità come strumenti anti-terrorismo, muovendo le leve delle prevenzione».

Si è svolto in questi giorni il viaggio del papa in Iraq. C’è una immagine che l’ha colpita?
«La messa di Francesco a Erbil: è stato importante celebrare una funzione cristiana in un luogo teatro di atroci omicidi compiuti dagli islamisti. Il papa offre un messaggio di speranza: dal 2015 al 2021, si è passati dalla strage del Bataclan ad una presenza di pace rilevante nei luoghi una volta simbolo dell’Isis».

Il mondo anglosassone, anche con produzioni Netflix, ha una grande attenzione per il problema dell’integralismo religioso e delle sue deformazioni terroristiche. L’Europa sente meno questo tema?
«Oggi da noi la priorità è il Coronavirus. L’Europa però ha prodotto un impegno specializzato contro il cyber terrorismo. L’Italia ha professionalità riconosciute in Europa: non a caso il Centro europeo antiterrorismo di Europol è guidato dal nostro connazionale Claudio Galzerano, una eccellenza nell’Ue».

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