L'ANALISI

Aspettando Godot, ovvero la Puglia aspetta Rousseau

A ben cinquantaquattro giorni dal voto delle regionali, la giunta non è stata ancora nominata, in attesa del voto sulla piattaforma di Casaleggio

Parafrasando Samuel Beckett, la Puglia aspetta Rousseau. A ben cinquantaquattro giorni dal voto delle regionali che ha incoronato Michele Emiliano come presidente per altri cinque anni, la giunta non è stata ancora nominata, in attesa del voto sulla piattaforma di Casaleggio, passaggio decisivo per sancire o meno l’ingresso dei pentastellati nel governo pugliese.

I tempi della politica, però, dovrebbero essere ricalibrati sulla lunghezza d’onda delle necessità legate all’emergenza Coronavirus. Con terapie intensive piene, crisi economica incalzante, confusione e contese giudiziarie che si accavallano intorno al dossier istruzione, le vecchie formule risultano davvero fuori luogo. Non è tempo dunque di caminetti, riunioni fiume, liturgie della Prima repubblica e nemmeno di estenuanti tira e molla su votazioni digitali sulla piattaforma casaleggesca (annunciate e mai convocate in queste settimana).

Il governo della Regione Puglia - che Emiliano avrebbe assemblato e nominato in un battibaleno - è al momento congelato in un Limbo incomprensibile per il cittadino comune. Per dare la misura del ritardo pugliese, basta enumerare la tempistica con cui in altre regioni i governatori hanno scelto e messo in carica la propria squadra: Vincenzo De Luca ha nominato la nuova giunta della Campania il 28 settembre; Francesco Acquaroli nelle Marche già il 15 ottobre, Eugenio Giani in Toscana il 25 ottobre. Giovanni Toti, pur con tanti litigi, ha ufficializzato il 21 ottobre la giunta della Liguria.

Dietro la tarantella con cui il M5S sta gestendo questa convulsa fase politica ci sono scontri interni sulla direzione che deve prendere la formazione politica fondata da Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio: l’impasse è legato al confronto serrato tra due visioni della politica, la prima legata alla prospettiva governista «del fare» e la seconda alla difesa di un’identità grillina come alternativa al sistema dei partiti. I big romani, però, hanno già scelto: Vito Crimi e Luigi Di Maio hanno benedetto il summit digitale tra Emiliano e i parlamentari 5S tenuto nei giorni scorsi, e appoggiano in pieno la maggioranza dei consiglieri regionali pugliesi pro accordo (in ballo c’è un assessorato per Rosa Barone). Lo stesso ministro degli Esteri, nella campagna elettorale di settembre, era stato sì in Puglia per un tour, ma le agenzie avevano battuto prevalentemente sue dichiarazioni sul referendum, evidenziando la scarsa propensione a cimentarsi nella contesa a sostegno di Antonella Laricchia, candidato governatore del Movimento. Insomma l’intesa che si suggellerà tra qualche giorno era prevedibile anche prima del voto…

Sul fronte progressista risalta la temperanza di Michele Emiliano: il governatore persegue il disegno di dare alla Regione un governo allineato alla maggioranza giallorossa che sostiene il premier Giuseppe Conte.

Dietro questa prospettiva c’è il desiderio emilianista di non veder ripetersi i conflitti strumentali che hanno cadenzato la dialettica tra Bari e Roma con gli esecutivi guidati da Renzi e Gentiloni: una differente armonia con Palazzo Chigi, secondo il governatore, è la via maestra per mettere mano (e risolvere) i dossier più roventi per questo territorio, dall’ex Ilva alla Sanità, passando per lotta alla Xylella e infrastrutture.

Il presidente pugliese, forte di un rapporto d’acciaio con il premier Conte, pazientemente (secondo il deputato Pagano con «animo francescano») attende la consultazione telematica: la larghissima maggioranza (ben 35 consiglieri su 50) che si materializzerebbe con l’accordo Pd-civici-5S darebbe alla Puglia un’investitura politica e una forza notevole sui tavoli nazionali. Ma per far partire quest’onda, però, bisogna aspettare (ancora) Rousseau.

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