Il commento
Il Visco da ascoltare per non sbagliare musica (economica)
Dopo la riunione degli “Stati Generali” a Roma, ci sono comunque delle considerazioni che lasciano l’amaro in bocca e non consentono di essere completamente tranquilli per il futuro
Possiamo usare due interpretazioni diverse per giudicare l’evento grandemente sbandierato dal Governo come riunione degli “Stati Generali” a Roma. Possiamo pensare che il Paese abbia finalmente deciso che la prospettiva europea sia la sola che possa aiutarci nella disastrosa condizione economica che la pandemia ha enfatizzato, o possiamo pensare che questa sia solo una passerella di visibilità per mostrare come l’Esecutivo coinvolga le parti sociali per soluzioni che rimarranno probabilmente realizzate a metà, se non rimandate come al solito.
Ci sono comunque delle considerazioni che lasciano l’amaro in bocca e non consentono di essere completamente tranquilli per il futuro. Anzitutto la dizione “Stati Generali”. Questa locuzione era stata usata agli albori della Rivoluzione francese quando ancora non esisteva un Parlamento.
PARLAMENTO - La stessa locuzione lascia intendere che i “produttori” della ricchezza nazionale siano i soli responsabili delle decisioni politiche del Paese. Il fascismo aveva ripreso questa direzione con la Camera delle Corporazioni che aveva di fatto esautorato il Parlamento democratico. Per nostra fortuna abbiamo ancora un Parlamento ed è lì, e non negli Stati Generali o nelle concezioni corporative dell’economia, che le decisioni politiche in una democrazia liberale devono essere prese. Intanto il Parlamento reale non protesta e tace. Possibile che nel Parlamento italiano non ci siano voci capaci di rappresentare i problemi politici , economici e sociali che il Paese sta vivendo? E’ possibile che non ci sia proprio nessuno capace di articolare il benché minimo programma di interventi pubblici che servono all’Italia? Si sono invitati illustri e qualificati esponenti dell’Unione Europea cui sono stati richieste opinioni sul da farsi . Ma costoro hanno ripetuto ciò che da anni vanno dicendo con forza e che la politica “sovranista” italiana non ha mai voluto sentire. Dobbiamo fare le riforme strutturali, dobbiamo liberare i “lacci e laccioli” che ingessano l’economia, dobbiamo migliorare il mercato del lavoro rendendolo più moderno e flessibile, dobbiamo combattere seriamente la burocrazia che soffoca il Paese, migliorare il funzionamento della giustizia con le sue lungaggini intollerabili, adoperarci ad investire fortemente nel capitale umano che è inadeguato alle sfide della modernità ed organizzare la spesa pubblica nell’ottica del medio/ lungo periodo e non in quello breve che serve solo a ricercare il consenso elettorale spicciolo. L’impressione che la gente ricava dalle misure fino ad oggi prese dal nostro Governo , è che quelle vadano più negli interventi a pioggia, nella concessione di prebende e nella spesa pubblica oggi necessaria, ma che deve essere necessariamente temporanea e limitata per evitare di trovarci poi a gestire un debito insostenibile per tutto il Paese. Sembra mancare insomma una visione di lungo periodo che inquadri le ragioni della decrescita ventennale dell’Italia con obiettivi che dovranno concentrarsi su tre direttrici fondamentali: maggiori investimenti, maggiore produttività, e migliore capitale umano. Il Governatore della Banca d’Italia Visco ha detto che la produttività rimane il cardine di tutte le più importanti operazioni economiche. Nessuno sembra sentirlo. Nella sua relazione i dati per la discussione sono impietosi. In accordo a talune valutazioni statistiche si calcola che il nostro reddito pro capite subirà la più vistosa diminuzione dal 1870 (!). Per di più le proiezioni demografiche sono terribili. Si stima che che la popolazione italiana tra 15 e 64 anni si ridurrà di oltre tre milioni nei prossimi quindici anni.
BANDA LARGA - Si parla tanto di digitalizzazione del Paese e si strombettano le nuove iniziative per diffondere la banda larga. Ma questa banda larga raggiunge oggi appena un quarto delle famiglie italiane, contro il 60% della media europea. Nel Mezzogiorno talune aree sono ancora collegate al telefono con il doppino di rame, altro che fibra ottica! Siamo in Europa al penultimo posto per quota di giovani tra il 25 e 34 anni con un titolo di studio terziario, e al primo posto per i giovani che non studiano e non lavorano. Lo Stato italiano con il settore produttivo privato e pubblico investe nella ricerca la metà rispetto a quanto fanno i paesi europei, con lo 0,9% del PIL contro l’1,7% della media dei Paesi OCSE. Il 75% delle opere pubbliche incompiute è localizzato al Sud, al quale fanno riferimento solo il 30% dei lavori pubblici. Sono più di vent’anni che il Paese rallenta e zoppica fortemente nel settore economico, politico e sociale. E noi come abbiamo risposto a queste sfide? Aumentando la spesa pensionistica ed assistenziale invece di puntare sugli investimenti , sullo sviluppo del capitale umano, sulla formazione permanente dei giovani, sulle nuove imprese e sui nuovi settori tecnologici. Dai balconi di palazzo Chigi il Governo scorso populista e leghista diceva nientemeno di avere abolito la povertà in Italia. Questa non è diminuita del 60% come afferma il Presidente dell’INPS , ma solo dello 0,6%. Abbiamo diffuso la convinzione che fare debito non sia importante e quindi pensiamo che gli aiuti europei, che pure sono decisivi ed importanti per lo sviluppo del Paese, debbano essere sempre e comunque gratuiti, mentre la verità è che gli aiuti decisi dall’Europa sono il debito comune di tutti gli europei. Non possiamo pensare che la moneta sia sempre gratuita. Come ha detto Visco “ i ritardi di produttività accumulati non possono essere colmati con politiche monetarie e di bilancio espansive”. E i fondi europei per essere utilizzati abbisognano di progetti concreti con cronoprogrammi allegati. E’ troppo pretendere di cambiare drammaticamente abitudini consolidate per guardare con più ottimismo al futuro?