L'EDITORIALE

L’ostilità alla Scienza più forte del virus

Giuseppe de Tomaso

Sembra che il 41% degli italiani non abbia alcuna intenzione di vaccinarsi contro il Coronavirus. La diffidenza nei confronti dei vaccini, nonostante la strage globale causata dal CoVid 19, rappresenta l’ennesima conferma della prevalenza dell’uomo ideologico sull’uomo razionale

Ci risiamo. Sembra che il 41% degli italiani non abbia alcuna intenzione di vaccinarsi contro il Coronavirus qualora gli scienziati riuscissero ad approntare l’antidoto contro il morbo. Nulla da fare. Sarà questione di psicologia, saranno gli effetti della cattiva informazione, sta di fatto che il sistema delle credenze pre-scientifiche - a dispetto di tutte le scoperte ottenute dalla ricerca - è più irremovibile di una piramide egizia. Coglieva nel segno il pensatore spagnolo José Ortega y Gasset (1883-1955): più che un animale razionale, l’uomo è un animale ideologico. Toglietegli le formule ideologiche e l’uomo si vedrà e si sentirà perso. Neppure la modernità è riuscita a trasformare l’animale ideologico in animale razionale, pragmatico, empirico.

Anzi, sembra quasi che le antiche credenze, come dimostra in politica il successo delle formazioni populistiche, stiano vivendo un periodo di fecondo revival, grazie anche alla sponda offerta dalla Rete, ricettacolo di legittimazione di tutte le opinioni, comprese quelle più strambe e inaccettabili.

L’ideologia corrisponde, quasi sempre, a una visione distorta della realtà. Ne offre una visione faziosa, partigiana, non vera. Eppure, proprio in questa debolezza, paradossalmente, si trova la forza del suo messaggio..

L’economista austriaco Joseph A. Schumpeter (1883-1950), cui pure non difettavano coraggio di posizioni e schiettezza di argomenti, a un certo punto fu costretto ad arrendersi: è una pia illusione, ammise, la pretesa di alcuni intellettuali di osservare e analizzare il mondo senza gli occhiali ideologici.

Né può costituire motivo di consolazione e di speranza l’osservazione dello scrittore francese Albert Camus (1913-1960) secondo cui le ideologie sono «utopie assolute che si distruggono da sé, nella Storia, per il prezzo che in ultima istanza esigono». Magari.

Purtroppo, non funziona così. Morta un’ideologia, ne spunta un’altra, che poi solitamente dissotterra qualche ideologia defunta per riadattarla alla realtà.

La diffidenza nei confronti dei vaccini, nonostante la strage globale causata dal Covid 19, rappresenta l’ennesima conferma della prevalenza dell’uomo ideologico sull’uomo razionale. Cercate la verità nei fatti, raccomandava un rivoluzionario imbevuto di dottrina. Ma i fatti sono meno seducenti delle passioni e della metafisica, dei pregiudizi e delle superstizioni. E anche se più di un secolo fa uno studioso di economia e sociologia come Vilfredo Pareto (1848-1923), bollava come «derivazioni», come «residui», le teorie non-logiche di casa tra le élite, il potere delle convinzioni e convenzioni dottrinarie non ha mai subito lesioni devastanti. Tutt’altro. Nei periodi di incertezza e di disorientamento avanza la tentazione di affidarsi a soluzioni stregonesche, a imbonitori che stanno alla scienza come il diavolo all’acqua santa.

Si dice: ma anche gli scienziati non offrono risposte univoche, esaustive, come hanno dimostrato le loro innumerevoli esibizioni televisive dopo l’exploit del virus sbarcato dalla Cina. È vero. I virologi si sono beccati come i polli di Renzo. Ma dov’è l’anomalia? Gli è che il metodo scientifico si basa proprio sul principio popperiano (tentativi e confutazioni), che contrasta l’assolutismo in tutte le sue forme e, di conseguenza, in tutti i settori in cui l’ipse dixit tende a dettare legge.

Ecco perché il nuovo senso del dovere, cui Aldo Moro (1916-1978) affidava le sorti, la salvezza del Belpaese, dovrebbe ripartire dall’azione di contrasto nei confronti delle credenze antiscientifiche, monopolizzate in larga parte dai no-vax (con l’aggiunta di terrapiattisti vari). Non è un traguardo di facile portata. Non lo è perché non basta divulgare massicciamente il sapere fra milioni di persone se poi pure gli istruiti manifestano incomprensione, se non ostilità, nei riguardi del metodo scientifico. Bisognerebbe, a scuola, insegnare metodo e forme di ragionamento funzionali a capire la complessità dei problemi. Ma come si fa se la stessa scuola è imbevuta di ideologismo?

E ancora. Lo chiamano effetto Dunning-Kruger, dal nome dei due psicologi sociali americani che lo hanno codificato. Traduzione: meno si è competenti su una materia, più si pensa di esserlo (competenti). «Non solo queste persone giungono a conclusioni errate e fanno scelte sbagliate - sostengono i due studiosi tedeschi nel loro volume sul fenomeno -, ma la loro incompetenza li priva dell’abilità metacognitiva di diventarne consapevoli».

Ecco. L’animale ideologico è altamente esposto al virus esaminato da David Dunning e Justin Kruger. Servirebbe per lui un corso approfondito sulla lezione (sapere di non sapere) tramandataci da Socrate (470-399 avanti Cristo), ma di solito prevale il tic intercettato dal filosofo olandese Baruch Spinoza (1632-1677) : «Quanto più uno è ignorante, tanto più è audace e pronto a scrivere e parlare». Incompetenza e supponenza vanno a braccetto.

Torniamo a bomba, ai numeri improssionanti su no-vax e ni-vax. Più che il virus persistente, potrebbero essere loro l’ostacolo prossimo venturo al rientro nella normalità.  

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