La riflessione
L’insostenibile leggerezza dell’essere (irresponsabili)
Il virus c’è, è l’avvertimento che suona un po’ lugubre, e «se non stiamo attenti, tornerà a colpire duro»
Non c’è tiggì, programma di intrattenimento o approfondimento senza che appaia il volto di un virologo, epidemiologo, immunologo per il quotidiano invito alla calma al popolo delle apericene e della spiaggia, ovvero tutti gli italiani, fatte le debite eccezioni. Il virus c’è, è l’avvertimento che suona un po’ lugubre, e «se non stiamo attenti, tornerà a colpire duro».
Il problema è nato dopo il 4 maggio, con quella che la politica ha definito la «Fase 2, ma non un liberi tutti», mentre i medici imploravano la Fase 1,5: nessuno da quella data ascolta più gli esperti, anzi per molti portano anche un po’ sfiga. Così l’italico medio, cancellando con un colpo di reset cerebrale gli oltre 30.000 morti di Covid in meno di due mesi, si è riaperto - tanto per cambiare, in modo sguaiato - alla vita. Per ora passeggiate e sport, chi ha il mare vicino si bagna, chi ha i monti si avventura sui sentieri. Congiunti e affetti solidi pare siano serviti solo a riempire pagine satiriche. I fidanzati hanno ripreso a vedersi, almeno quelli che avevano smesso di farlo. Per gli amici ci sono mille escamotage. I controlli stanno lasciando il passo alla tolleranza totale.
Così a Milano i navigli sono affollati quasi come San Siro durante il derby e il sindaco Sala minaccia tuoni e fulmini se non si cambia, ricordando che in Lombardia ci sono migliaia di «infetti a loro insaputa» liberi di fare quel che vogliono. A Napoli e in Campania, De Luca minaccia l’uso del lanciafiamme. In Puglia, a Bari il sindaco Decaro è tornato quasi in perfetta forma fisica a forza di inseguire gli «abusivi della passeggiata». Ma la sostanza non cambia. In tutt’Italia si è passati dal lockdown (tutto chiuso, anche gli umani) alla pazza voglia di vivere, dimenticando che il mostro è in agguato e dimenticando l’oblio e la sofferenza che ha colpito la nazione, anche dal punto di vista dell’economia.
Serviranno due settimane per raccogliere i dati epidemiologi della Fase 2, ma i presupposti - con la speranza di essere smentiti - non sono dei migliori. Anche perché il colpo di spugna mentale pare non aver cancellato solo l’incubo della malattia, ma le più elementari regole di sicurezza. A cominciare dalle mascherine e dai guanti che, anche a causa delle difficoltà di rifornimento, diventano sempre più rari sui volti e sulle mani di un popolo che al momento sembra avere solo un paio di preoccupazioni: abbronzarsi senza «macchie» e magari perdere i chili accumulati con la clausura.
Non va bene. Non va bene per niente. E fa ancora più rabbia accorgersi che i più anarchici siano i giovani, così a occhio la fascia di età dai 18 ai 30 anni, più tutelati dalle insidie del male e inconsapevolmente i peggiori untori dei nostri anziani. A Bari girano aneddoti da manuale dell’incoscienza e della furbizia, come la ragazzina che candidamente chiede all’amministratore di condominio l’uso di un salone comunitario per la festa dei 18 anni, o gli aperitivi celebrati da giorni e per giorni nei parchi privati con ampia partecipazione esterna. Poi si narra di una macchina, una vecchia e sbiadita utilitaria, cui hanno attaccato un foglio A4 sul lunotto: «Consegna farmaci».
Tornano le immagini del naviglio meneghino e l’ira del sindaco Sala, ma anche la follia del lungomare barese in queste giornate calde. Arrivano immagini che non avremmo voluto vedere, se non altro per rispetto dei tanti, troppi, che non ci sono più.