LA PROPOSTA
Il 25 febbraio festa del lavoro agile
Dedicata ai lavoratori agili e ai telelavoristi per ricordare quando tutto ebbe inizio
Non crollano soltanto quelli in cemento armato e acciaio. Anche altri ponti, in questo anno bisesto, anno dissesto, si stanno sbriciolando e non riescono a sottrarsi all'incedere del tempo e del… coronavirus. Quello del 1° Maggio, il più ambito e atteso, ne è un esempio. Un venerdì ideale che faceva scopa secca col week end, e per giunta in un momento di alta pressione climatica. Il ponte perfetto.
È stato un 1° Maggio anomalo, è stato detto. Per chi il lavoro ce l’aveva e l’ha perso, per chi attende i fatidici 600 euro come manna dal cielo, per chi ha ripreso a lavoricchiare tra mascherine, disinfettanti e distanze di sicurezza e per gli oltre 570mila votati al «lavoro agile» (+ 20% rispetto al 2018), reclusi a lavorare in casa davanti a un pc, tra riunioni virtuali su Zoom, crisi economica e tanta incertezza per il futuro.
È stato un 1° Maggio che ricorderemo chissà per quanto, senza gite, senza concertone e senza spesa, visto che erano chiusi i supermercati. Tutti a casa con lo sguardo proiettato al 4 maggio quando avrà inizio l’agognata «fase 2» e quando qualcosa dovrebbe cominciare a smuoversi.
Ma, è risaputo, la resilienza fa parte del Dna di noi Italiani così come la capacità di resistenza e innovazione. «Bisogna avere il pessimismo dell’intelligenza e l’ottimismo della volontà» diceva Antonio Gramsci.
E allora perché non pensare di creare una festa dedicata ai lavoratori agili e ai telelavoristi?
Basta con questo nome vetusto (Festa del Lavoro) che ricorda un’epoca (che chissà se mai tornerà) di contatti fisici, pacche sulle spalle, strette di mano e caffè bevuti tutti insieme al bar durante le pause.
Il Covid, mortifero com’è, ci ha proiettato all’improvviso nella modernità. Il presente «contagerà» (nessun verbo è più azzeccato) il futuro tanto quanto il passato ha contagiato il nostro presente.
Questo non vuol dire rinunciare alla tradizione, ma innovarla. Serve un nuovo nome, insomma. Chiamiamola, allora, «Festa dello smart working» da festeggiare (sempre che ci sia qualcosa da festeggiare) il 25 febbraio. Così ci ricorderemo quando tutto ebbe inizio e, perché no, anche di stare a casa. E magari, mentre ci stiamo, lavoriamo pure.