Migranti e polemiche

Quando il Mare Nostrum diventa Mare Monstrum

Onofrio Pagone

«Mentre la politica tace o, al più, litiga, i migranti muoiono e muoiono anche i bambini»

L’America versa lacrime di coccodrillo; l’Europa invece è capace di restare indifferente e in silenzio. L’America si indigna; l’Europa resta indegna. L’America riconosce che nessuna politica possa giustificare la morte di bambini-profughi in fuga dalla guerra o dalla disperazione della povertà.

La vecchia Europa si lascia invece impantanare dalle questioni di principio. Questa volta, almeno, l’Europa non deve contare i morti; ma proprio per questo si sta concedendo il lusso di tergiversare. L’oggetto del contendere sono i migranti, si è capito: uomini-oggetto, appunto, trattati come se non avessero un’anima e il sangue nelle vene. Un leone o un elefante uccisi nella savana avrebbero più riguardo, come impongono la civiltà e la legge; i soccorritori di questi uomini-oggetto vengono invece trattati alla stessa stregua dei bracconieri: additati e messi all’indice. Colpevoli, senza appello.

Quella di ieri verrà ricordata come una giornata storica sul fronte delle politiche migratorie. Negli Usa ha fatto scalpore la sorte di una bambina di neanche due anni morta con il padre, un giovanotto di 25 anni, mentre insieme tentavano di attraversare il Rio Grande per raggiungere il Texas dal confine col Messico. Li hanno trovati faccia in giù, schiacciata nel fango, trascinati dalla corrente in un canneto. La bimba era come imbracata nella maglietta nera del padre e ancora lo abbracciava. L’America si è commossa davanti alla foto che li ritrae abbandonati al loro destino; la grande stampa statunitense ha preso posizione in favore dei profughi, contro ogni muro possibile o reale; il governo di El Salvador, il paese di origine di bimba e padre morti, ha implorato i propri cittadini di evitare simili soluzioni alla povertà e alla criminalità predatoria. In pratica, ieri è accaduto negli Usa ciò che accadde nell’Ue a settembre 2015, quando il piccolo Aylan, siriano di tre anni, fu trovato con la faccia nella sabbia sulla battigia di Bodrum, in Turchia. La sua foto scosse l’Europa e questo consentì di aprire un corridoio umanitario in favore dei siriani in fuga dalla guerra.

Da quest’altra parte dell’oceano, nel Mare Nostro, ieri non si è consumato un naufragio, ma è andato in scena l’atto finale di un teatrino politico a tema. Dopo due settimane di balletto sulle onde in acque internazionali, la “Sea Watch”, nave tedesca ma battente bandiera olandese, ha forzato il blocco navale imposto da Roma ed ha fatto rotta verso Lampedusa. La nave ha a bordo quarantadue naufraghi soccorsi al largo, che appena due giorni fa avevano lanciato un ultimo appello: “Siamo esausti, fateci sbarcare”, avevano detto. La forzatura del blocco comporterà quantomeno una pesante sanzione amministrativa e forse il sequestro della stessa nave. “So cosa rischio: non è una provocazione, ma una necessità. I naufraghi sono allo stremo”, ha precisato la comandante, che si chiama Carola Rackete ed ha 31 anni. “Sbruffoncella”, l’ha subito apostrofata il ministro Salvini. La Meloni, leader di FdI, è andata ancora oltre, augurandosi l’affondamento della nave. L’Europa ha fatto molto di più: ha taciuto. Silenzio assoluto. Tanto assoluto quanto vergognoso.

Ci sono in Germania una cinquantina di sindaci che si sono fatti avanti per ospitare questi profughi-naufraghi, ma questo comporta che sbarchino in Europa. E infatti il ministro Salvini vuole che la nave vada ad approdare in Olanda o in Germania o da qualche altra parte, ma non in Italia, perché sui princìpi non si transige: i porti in Italia - insiste - sono chiusi. Amen.
Ovvio che il problema non sono quei quarantadue poveri cristi salvati in mezzo al mare su un barchino semiaffondato: il problema è il braccio di ferro politico con l’Ue da una parte, e dall’altra con le organizzazioni non governative che si ostinano a soccorrere i migranti. E pazienza se a Lampedusa in queste stesse ore sono sbarcati alla spicciolata trecento altri migranti giunti non sui battelli di qualsivoglia ong, ma sui canotti abbandonati alla deriva dalla “nave madre” dei trafficanti. Una beffa per Roma e per Bruxelles, anche se si fa finta di niente.

Mentre la politica tace o, al più, litiga, i migranti muoiono e muoiono anche i bambini. Nessuno più - neppure il Papa - invoca ancora una accoglienza indiscriminata e fine a se stessa, ma lo scandalo della “Sea Watch” resta come l’emblema del fallimento di ogni politica perseguita finora. I profughi perdono la vita. Questa politica ha perso la dignità e la credibilità.

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