Il punto
La sicurezza sui binari non è un gioco d'azzardo
«Chi rilascia le autorizzazioni all’esercizio di una linea ferroviaria? Chi stabilisce se è sicura? Chi ha il potere, in caso contrario, di interrompere la circolazione? »
Se Ferrotramviaria ha tenuto banco con carte truccate, la Regione aveva l’obbligo di intervenire. Il Tribunale di Trani ha richiamato proprio un precedente giurisprudenziale in materia di gioco d’azzardo motivando la decisione di accogliere la richiesta di alcune vittime della strage dei treni, secondo cui anche la Regione Puglia deve essere chiamata a rispondere di quanto avvenne a luglio 2016 fra Andria e Trani. Ma i treni non sono slot machine.
La decisione del collegio tranese, che ha dichiarato la Regione responsabile civile, non presuppone un accertamento di responsabilità. Ma tutto ruota attorno a un assunto ancora da dimostrare: che la Regione doveva vigilare e non lo ha fatto.
La questione della vigilanza sui sistemi di trasporto non è semplice né di poco conto: basti ricordare che al crollo del ponte Morandi, e ai tumultuosi annunci grilloleghisti dell’imminente revoca della concessione ad Autostrade ha fatto seguito il nulla più assoluto. Non esiste giustizia sommaria, nemmeno a fronte di una strage, e il processo di Trani dovrà appunto stabilire se - come ritiene l’accusa - i manager di Ferrotramviaria abbiano o no sottovalutato gli aspetti relativi alla sicurezza della circolazione, lasciando che si utilizzasse un sistema di controllo rodato ma antiquato (l’ormai notissimo «blocco telefonico», ovvero fischietto e paletta) invece di un qualche dispositivo elettronico per il quale in passato erano stati pure erogati finanziamenti pubblici.
Ma chi rilascia le autorizzazioni all’esercizio di una linea ferroviaria? Chi stabilisce se è sicura? Chi ha il potere, in caso contrario, di interrompere la circolazione? La legge affida questo ruolo agli organi ministeriali (all’epoca dei fatti l’Ustif, oggi - proprio dopo la strage della Andria-Corato, una agenzia formalmente indipendente), mentre le Regioni sono soltanto i committenti del servizio di trasporto: stabiliscono gli orari, la frequenza dei collegamenti, le tariffe e scelgono i gestori. L’ordinanza del Tribunale di Trani ha richiamato gli obblighi del gestore e quelli dell’Ansf (oggi Ansfisa), ma ha pure ritenuto che il contratto di servizio stipulato con Ferrotramviaria imponesse alla Regione il monitoraggio sui treni «aventi carattere di criticità» e «con specifico riferimento al loro livello di sicurezza». Insomma, secondo il Tribunale, in presenza di «criticità» la Regione avrebbe dovuto rescindere il contratto di servizio.
Il punto, però, è che la Regione non ha gli strumenti tecnici per occuparsi di sicurezza del trasporto: i suoi uffici hanno infatti le competenze in materia di programmazione dei servizi e di opere pubbliche, e gli ispettori - lo prevede il contratto - verificano la puntualità dei treni e la loro pulizia. E del resto, tra gli imputati del processo figurano proprio i dirigenti e i funzionari dell’Ustif (il vecchio ufficio del ministero che ha ceduto le competenze all’Ansf), proprio con l’accusa di non aver vigilato. Nessuna accusa è stata invece mossa alla Regione, né al livello tecnico né tantomento a quello politico, tanto che l’ente figura anche tra le parti offese: è stata danneggiata dal suo concessionario.
Sarà il processo, adesso, a dire come stanno le cose. Le vittime dell’assurdo incidente del 2016 hanno il diritto alla verità oltre che ai giusti risarcimenti, e - purtroppo va detto - a volte si ha la sensazione che i secondi siano più importanti della prima.