I test all'Università
Medicina, la cura sbagliata di chi prescrive il numero chiuso
«Da ben 18 anni è stata prescritta la cura sbagliata del numero chiuso a Medicina e da allora ogni scelta giovanile sembra intrisa oltre che di naturali propensioni, di kabala, magia e misteri»
Quale Carta Costituzionale è più antica? Quella italiana, quella messicana, quella americana o quella francese? Chi ha messo la X sulla casella giusta, forse un giorno sarà medico. Come ogni settembre, anche in queste ore, l’odissea dei test di ammissione: un’intera generazione di giovani cresciuti nell’incertezza del futuro si è presentata alla «sbarra» dei 60 quesiti da risolvere in 100 minuti. Un classico terno al lotto, che i ragazzi vivono come un incubo e una sorta di «tombola» umana in cui riporre aspettative, bravura e fortuna in dosi alternate.
La miscela di questi diversi ingredienti farà nascere poi l’iscrizione all’Università e alla Vita, sbocchi che diventano sempre più altalenanti: «Se passo il test, faccio Medicina, altrimenti Lettere, oppure vado in Australia», è una delle tante versioni young della Lotteria Futuro.
Da ben 18 anni è stata prescritta la cura sbagliata del numero chiuso a Medicina e da allora ogni scelta giovanile sembra intrisa oltre che di naturali propensioni, di kabala, magia e misteri. Speranze, paure, ricorsi. Lezioni private (costose) e test per tutti (a buon prezzo). Oddio, c’è pure chi fa il conto del giro d’affari dei test e delle preparazioni, dei viaggi nelle varie sedi e dello stress familiare. Ma, tant’è, il vero problema è sempre quello della selezione: passano il test coloro che lo meritano davvero? E come la mettiamo con la carenza cronica di medici negli ospedali?
Difficile curare il sistema sanitario nazionale, figurarsi quello dei test d’ingresso, che hanno rappresentato una risposta al «troppo pieno» delle aule e dei laboratori, ma che ancora non costituiscono una via d’uscita al diritto di crearsi una strada, al diritto di accesso a una professione.
Pare che negli ultimi 18 anni oltre un milione di studenti abbiano dovuto rinunciare alla voglia di diventare medico (e certamente saranno di più). Il problema è che se fossero entrati direttamente nelle Facoltà, non avrebbero avuto spazio... solo posti in piedi. Oppure, come avvenuto a Bari - credeteci, è vero! - avrebbero seguito le lezioni da un monitor a circuito chiuso in un’aula a parte, con il docente di turno che li ha lasciati dicendo: «Se non capite qualcosa, battete i piedi per terra e mi fermo nella spiegazione». Inutile immaginare cosa potrebbe avvenire nei laboratori (ma si fa pratica?), nei sottoscala, nelle medicherie o per i posti mancanti nelle scuole di specializzazione. Un tempo lo «scoglio» dell’esame di Anatomia dissolveva i numeri. Ma è acqua passata. Oggi è una X sulla casella giusta della Costituzione a decidere se - come dice la Costituzione - sei cittadino e hai libera scelta della tua professione.