La riflessione
A volte (non) ritornano
Ricordate Matteo Renzi boy-scout da adolescente o campione dei Quiz di Mike da giovane di belle speranze? Fino all’alter ego «Fonzie» che poi appese il «chiodo» al chiodo, arrivando a vestirsi da «uomo in Facis» con cravatta viola dalle 50 sfumature
Ricordate Matteo Renzi boy-scout da adolescente o campione dei Quiz di Mike da giovane di belle speranze? Fino all’alter ego «Fonzie» che poi appese il «chiodo» al chiodo, arrivando a vestirsi da «uomo in Facis» con cravatta viola dalle 50 sfumature, intento ad illustrare agli italiani il programma del suo governo servendosi di «slides». Per non dire della sua innata parlantina… ina… ina… ina... della quale le trombe di Eustachio delle nostre orecchie rattenevano finanche l’eco. Poi fu la volta delle riforme, con in testa l’abolizione del Senato… ato… ato… ato… Fino al Referendum del 4 dicembre 2016 che doveva procurargli tanti guai… ahi… ahi… ahi…! Però che bello era alzarsi la mattina così come si alza il sole, accendere la radio o la TV e di primo acchito captare …teo Renzi o soltanto …enzi, ancorché …ttamatore e, per i più fortunati «… le son gufate!» per intero.
Alle corte, il popolo italiano mentre da un lato vedeva e ascoltava un premier comunemente tacciato di «annuncite» (annunci di riforme ovvero riforme annunciate) dall’altro si ammalava di «renzite» (overdose loquacissima di presenze nei media del «Putto di Firenze» copyright Giuseppe De Tomaso riferito alle maioliche dei Della Robbia). I 3 anni di premierato di Renzi iniziarono dal primo incontro con la cancelliera Merkel, quando era ancora - «la Merkel» -, con l’abbotonatura sfasata del cappotto (di Renzi) e a seguire Hollande, Blair ed ancora Putin e Obama. D’accordo, qui non si vuol certo sottacere il 40% dei dem alle europee del 2014. Né che il Nostro man mano affinava l’inglese, tanto che solo una volta gli capitò, non ricordo in quale consesso, di bloccarsi per una manciata di secondi sul «the… the… the…». Malgrado il flop sull’Economia reale (così a cuore agli italiani) lo ridimensionasse un bel po’, il suo colpo di coda fu il «patto del Nazareno» che gli mise contro tutto l’establishment piddino. Lo stesso Mattarella deve a Renzi la poltrona del Quirinale, la qual cosa gli costò la rottura dei rapporti con Berlusconi, il lento declino e la suicida decisione del referendum la cui eco gli fischia ancora nelle orecchie.
L’ultimo sprazzo nei media lo ebbe con l’invito a cena di Obama alla Casa Bianca. Adesso l’ex premier, mentre il PD è ridotto ai minimi storici, siede come tanti altri su uno scranno al Senato. C’è chi è convinto che prima o poi Renzi tornerà alla ribalta e c’è chi dice che ormai ha perso definitivamente il treno. Ma c’è pure (a fronte di chi ha preso il suo posto a Palazzo Chigi, che poi sarebbe quell’avvocato dal ciuffetto birichino e che come Arlecchino è servo di due padroni) chi sarebbe pronto a scrivere sui muri, più o meno come avvenne nell’ultimo dopoguerra - «Aridatece er sòla» in gergo romanesco o se preferite pasoliniano, perdonandogli d’averci dato svariate «buche». Che poi se vogliamo, il rottamatore rottamato una certa gavetta l’aveva pur fatta: le prime beghe da presidente della Provincia a sindaco di Firenze. E poi dove la mettiamo l’abilità nel prendere dalle mani di Enrico Letta il campanellino del premier senza sfiorargli nemmeno un dito? Ed il merito fu tutto di Renzi perché il «seminarista» glielo porgeva col volto truce girato a 90° dall’altra parte.
Ora lasciamo Renzi al capolinea e andiamo a ritrovare i due padroni di Arlecchino. Uno, Matteo Salvini, si dichiara (spodestando Berlusconi già ospite della «dacia») amico di Vladimir Putin ex agente del KGB, nel quale lo stesso leghista potrebbe aver vissuto (a sua insaputa) una sua «prime life» ai tempi di Josif Stalin. Ma, stante la censura, non ve n’è traccia nella «Gazeta Literaturnaia»… ahia… ahia… ahia… L’altro, Luigi Di Maio, è il vero fenomeno che oggi ti ritrovi dappertutto come già il Renzi d’antan. Per favore non parliamo di tornelli del San Paolo di Napoli che ormai è argomento rifritto. E nemmeno di lauree. E nemmeno di congiuntivi. Di lui Berlusconi in un primo tempo, con una punta d’invidia e pensando ai suoi laconici figli disse - «buca lo schermo» - poi ritrattò accusandolo di non aver mai lavorato. Di Maio (Giggino per gli amici) è il vero miracolato del web. Qualcuno lo raffronta all’ex rottamatore e trae pronostici sulla durata della sua permanenza a Palazzo Chigi. Nel frattempo, mentre lo spread ahinoi sale, lui continua a imperversare e l’eco del suo nome lo segue come l’ombra segue il corpo - «Di Maio… ahio… ahio… ahio…!».