salute e benessere

Quel meteo estremo che cambia la vita

alessandro miani

La «psicologia climatica», un campo di ricerca in crescita che mostra come tali eventi abbiano effetti sul comportamento

Il cambiamento climatico non si misura solo con i gradi in più, le alluvioni o le ondate di calore che paralizzano le città. Si misura anche dentro di noi: nell’umore, nelle relazioni, nelle scelte quotidiane. È la «psicologia climatica», un campo di ricerca in crescita che mostra come gli eventi meteorologici estremi abbiano effetti profondi sul comportamento umano. Un riferimento importante in questo ambito è Rita White, psicologa ambientale, che da anni studia l’interazione tra ambiente e salute mentale. Il suo approccio, nato nell’ambito della psicologia ambientale, si rivela oggi particolarmente utile per comprendere le ripercussioni psicologiche della crisi climatica. White sottolinea come la nostra mente non sia separata dagli ecosistemi in cui vive, e come il disagio psichico legato al clima non sia solo una reazione individuale, ma un fenomeno collettivo, da affrontare attraverso nuovi modelli di adattamento e cura. Gli studi internazionali confermano che il caldo intenso non è solo scomodo, esso può aumentare l’aggressività e ridurre la concentrazione.

Una meta-analisi pubblicata su Nature Climate Change ha rilevato che ogni incremento di 1 °C nelle temperature medie è associato a un aumento del 2–4% nei tassi di conflitto interpersonale e violenza collettiva. Non a caso, le giornate più torride coincidono spesso con un incremento degli episodi di violenza domestica e aggressioni. Il cervello umano fatica a regolare emozioni e autocontrollo quando il corpo è sotto stress termico. Le ondate di calore hanno anche un impatto diretto sulla salute mentale. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, già oggi circa un miliardo di persone vive in aree ad alto rischio climatico e subisce conseguenze psicologiche che vanno dall’ansia all’insonnia, fino alla depressione. Uno studio condotto negli Stati Uniti su oltre 2 milioni di persone, pubblicato su PNAS, ha evidenziato che i giorni molto caldi sono associati a un aumento del 14% dei sintomi depressivi e del 7% dei pensieri suicidari. Il clima, insomma, incide sulla psiche in modo diretto e profondo. Ma il caldo non è l’unico fattore. Le alluvioni, sempre più frequenti in Italia e in Europa, lasciano cicatrici durature. La European Environment Agency stima che gli eventi estremi legati all’acqua siano triplicati negli ultimi cinquant’anni. Oltre ai danni materiali, le conseguenze psicologiche restano nel tempo. Uno studio condotto dopo le alluvioni in Germania del 2021 ha rivelato che oltre il 30% delle persone coinvolte mostrava segni di disturbo post-traumatico da stress mesi dopo l’evento. Le case si ricostruiscono, ma la perdita di sicurezza resta.

Anche la produttività quotidiana è influenzata dal meteo. La Banca Mondiale ha stimato che le ondate di calore estreme possono ridurre la capacità lavorativa fino al 20%, soprattutto nei settori manuali e agricoli. Ma non si tratta solo di economia: affaticamento, difficoltà di concentrazione, insonnia influenzano la qualità delle relazioni, il rendimento scolastico, l’equilibrio familiare. L’aumento della temperatura globale si traduce così in un aumento di fragilità psicologica, diffusa e silenziosa. Tuttavia, la psicologia climatica non racconta solo vulnerabilità, ma anche resilienza. Le comunità che investono in spazi verdi, infrastrutture di raffrescamento naturale e reti sociali solide dimostrano una maggiore capacità di reagire agli shock climatici. Il cosiddetto «effetto verde urbano» riduce la mortalità durante le ondate di calore e, allo stesso tempo, abbassa i livelli di stress e ansia. Un rapporto del Lancet Countdown 2023 indica che i quartieri con più alberi e spazi aperti registrano fino al 20% in meno di visite per disturbi mentali nei pronto soccorso durante i periodi critici. Anche l’acqua ha un ruolo chiave. Vivere vicino a fiumi, laghi o coste migliora la percezione di benessere e riduce l’ansia. È il cosiddetto «blue mind effect», studiato dall’Università di Exeter, che dimostra come il contatto con ambienti acquatici possa essere protettivo per la mente, soprattutto nei momenti di crisi ambientale.

Non siamo spettatori passivi. Sapere che il clima incide sulle nostre emozioni e sulle scelte quotidiane è un’occasione per trasformare la vulnerabilità in azione. È un invito a progettare città che raffreddino, scuole che educhino alla resilienza, comunità che si sostengano. È un appello alla politica, che deve includere la salute mentale nelle strategie climatiche con piani di prevenzione, supporto psicologico post- evento e programmi educativi. La psicologia climatica ci ricorda che il cambiamento non riguarda solo il pianeta, ma il modo in cui viviamo le nostre giornate, lavoriamo, amiamo, sogniamo. Ogni grado in più non è solo una curva nei grafici, è una curva nel nostro benessere. E se è vero che siamo parte del problema, possiamo essere anche parte della soluzione, con scelte alimentari, abitative, culturali e politiche che ci riportino in equilibrio con l’ambiente. Il clima ci sta già cambiando dentro. Sta a noi decidere se farci travolgere o trasformare questa sfida in un’occasione per diventare più forti, più uniti, più umani.

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