Atletica leggera
Vento di Puglia ai Mondiali, fenomeno Antonella Palmisano all’inferno e ritorno
La 32enne campionessa di Mottola e una medaglia di bronzo, figlia della sua formidabile passione per la marcia
Immensa, eterna, iconica. Nelle ore immediatamente successive alla sua 20 chilometri mondiale di marcia, questi sono stati soltanto alcuni tra gli aggettivi più gettonati all’indirizzo di Antonella Palmisano e dell’impresa compiuta dalla minuta 32enne marciatrice di Mottola, culla tarantina della marcia azzurra. A distanza di sole 48 ore dalla sua impresa, i riflettori non si sono ancora spenti sul suo viso sorridente, il viso semplice e pulito di una piccola grande donna del sud arrivata al traguardo di Piazza degli Eroi, nel cuore di Budapest, da protagonista assoluta di una gara come se ne vedono solo nella specialità della marcia. Ovvio secondo qualcuno, del resto era lei la campionessa olimpica in carica sulla distanza, ma le realtà dei fatti e gli ultimi due anni sospesi nel limbo dell’incertezza ci avevano restituito una Antonella Palmisano fragile e sofferente, in eterno conflitto con le paure che scaturivano da una condizione fisica non ottimale, figlia di quell’intervento all’anca sostenuto all’indomani delle Olimpiadi di Tokyo, quando il dolore era diventato più forte della sua voglia di allenarsi fino a costringerla a finire sotto i ferri.
DA TOKYO A BUDAPEST Dal paradiso all’inferno, dall’oro olimpico di Sapporo all’intervento chirurgico all’anca che l’ha tenuta lontana dal palcoscenico mondiale per circa ventuno mesi, una eternità per un’atleta come lei abituata a vincere ed a soffrire marciando, prima nella sua Mottola, agli inizi della sua fiaba, sotto lo sguardo attento di Tommaso Gentile, guru della specialità nel piccolo paese jonico e scopritore del suo talento come di quello di tanti altri marciatori, e poi ad Ostia, agli ordini di Patrizio «Patrick» Parcesepe, mentore anche di Massimo Stano. Un periodo durante il quale aveva tentato di rientrare nel giro, come si dice in gergo, ma era stata costretta a rinviare più volte per il riacutizzarsi del solito problema ad una gamba. Forse in tanti avranno pensato che non sarebbe più tornata a calcare palcoscenici importanti, quelli ai quali ci aveva abituati da protagonista assoluta, forse in tanti e forse nella schiera di chi non ci credeva più c’era anche lei.
Era arrivata al limite, al punto da immaginare di ritirarsi dalla scena mondiale, con il suo allenatore Parcesepe pronto a sostenerla anche nel caso avesse deciso di appendere le scarpette al chiodo, perché, diceva lui, bisognava pensare prima alla persona, poi all’atleta Palmisano.
PODEBRADY A Madrid, nella primavera di questa stagione, il timido rientro in una 10 km internazionale a fare da preludio ad un ritorno in grande stile nella 20 km di Podebrady, località a 50 chilometri da Praga, in Repubblica Ceca, luogo di culto per gli appassionati del tacco-e-punta continentale. Antonella non vestiva la maglia azzurra da quel fantastico 6 agosto 2021, il giorno del suo compleanno nel quale realizzò la sua impresa a cinque cerchi. Dopo essere rimasta per tanto tempo a guardare le sue rivali da casa, Antonella poteva finalmente tornare ad indossare la canotta azzurra, felice di esserci ma nello stesso tempo consapevole che forse non sarebbe stata più la Antonella d’un tempo. A Madrid la sera prima della gara non aveva chiuso occhio, a Podebrady, non un luogo qualunque per chi di marcia se ne intende, dove Antonella da Mottola aveva già trionfato due volte, andò meglio e la Antonella nostra signora della marcia a Podebrady è tornata protagonista con il 2° posto ed un crono di valore, 1h 29’19” e la certezza di aver conquistato il minimo di partecipazione ai Mondiali di Budapest. I fantasmi erano solo un ricordo, forse si, forse non per lei che continuava ad accusare una fastidiosa sensazione, non un dolore ma la spiacevole sensazione di perdere sensibilità e non sentire più la gamba in alcuni momenti, e la cosa toccava nel profondo le sue certezze.
BUDAPEST Alla vigilia di questi Mondiali, in conferenza stampa, due giorni prima della prova mundial, aveva dichiarato che era sua intenzione provare ad esserci nel migliore dei modi, da protagonista e non semplicemente per partecipare. Chi la conosceva bene sapeva che dietro quell’affermazione si celava la consapevolezza di essere stata, nell’ultimo decennio, una tra le più grandi interpreti della specialità. Certo la condizione non era più quella di Tokyo e l’intervento all’anca del settembre 2022 non poteva essere soltanto un episodio di passaggio. «Non vedo l’ora di gareggiare - aveva dichiarato due settimane prima della partenza per l’Ungheria - sono due anni che aspetto di tornare a vivere certe emozioni. Non nascondo che ho pensato anche di smettere e con il mio allenatore abbiamo anche fatto ricorso al mental coach, per questo cercherò di viverla al meglio, allontanando da me le pressioni».
E come in una favola a lieto fine, anche la sua ha avuto un epilogo felice celebrandola ancora una volta sul podio in barba all’andamento di una gara vinta e persa più volte, una gara nella quale è stata ancora una volta più forte anche dell’imponderabile manifestatosi sotto forma di una inspiegabile caduta di cui è stata vittima poco dopo la metà gara, in una di quelle strane curve che delimitano il giro di boa di un chilometro. È caduta e si è rialzata, più forte di prima, più testarda di sempre, brava a rispedire negli inferi i fantasmi che l’avevano divorata negli ultimi due anni, preda dei pensieri più negativi e degli scenari più bui, dove la parola ritiro la faceva da padrone. Ha tagliato il traguardo da 3^ assoluta, con una condotta immacolata e zero richiami, padrona di una marcia pulita e scintillante, da manuale della marcia come si dovrebbe insegnare ai giovani rampolli della specialità. Antonella da Mottola è tornata, racconteranno un giorno gli almanacchi dell’atletica mondiale, è tornata e ci ha regalato l’ennesima medaglia, un altro bronzo pesantissimo dopo quello mondiale di Londra 2017 e quello europeo di Berlino 2018 prima dell’oro di Pechino 20202 a sancire la grandezza della donna prima, dell’atleta dopo.