Basentana
Da un mare all'altro
Tagliati dal resto d'Italia da una catena di monti
«Siamo tagliati dal resto d’Italia da una catena di monti»: Ignazio Petrone, senatore della Repubblica, parla di fronte ai suoi colleghi. La strada, quell’autostrada promessa da tempo, denominata Raccordo Sicignano - Potenza e poi più comunemente Basentana, ancora non c’è. Tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio degli anni Sessanta la Basilicata è una terra lontana ed isolata. In Italia si affaccia il benessere che al Nord si traduce in case più ampie, nella corsa agli elettrodomestici, nella motorizzazione di massa e nelle prime vacanze mentre al Sud, in quel Mezzogiorno arretrato e contadino, si concretizza nello svuotamento dei Sassi di Matera e nel calo dell’analfabetismo e della mortalità infantile. Troppo poco per colmare il divario tra quelle due parti di Paese. Servono industrie, serve una strategia di sviluppo complessiva, servono progetti e programmi dettagliati. Ma in Basilicata lo sviluppo stenta a decollare. I due poli industriali, quello della Val Basento e quello di Tito scalo, crescono con eccessiva lentezza. In più è l’unica regione che nel 1965 non è ancora toccata da un’autostrada. Passeranno anni ed anni perché la strada, l’autostrada che corre dai monti sino al mare, progettata fin dal 1958, venga inaugurata. A farlo nel 1970 è il democristiano Emilio Colombo, più volte ministro e presidente del Consiglio (il secondo lucano dopo Francesco Saverio Nitti) che quella strada l’ha fortemente voluta.
L’opera è avveniristica per l’epoca, una superstrada a due corsie che dalle spiagge dello Ionio corre fino a Potenza per poi risalire verso i monti campani, incrociandosi con l’autostrada «Salerno - Reggio Calabria».
Soprattutto dopo il caso di Genova, oggi, molti ne lamentano il dissesto, la situazione fatiscente e la manutenzione fatta a rattoppi come in un patchwork, le poche corsie per un traffico diventato sempre più pressante e pesante. Eppure senza quella strada il destino della Basilicata sarebbe stato molto diverso. Come ogni lucano ancora oggi ammette. Un esempio lampante? La Ferrosud, l’azienda nata da una costola di Finmeccanica a Matera, dove la ferrovia non c’era e non c’è. Per decenni quell’impresa ha prodotto carrozze per treni ad alta velocità e carri merci che venivano trasportati, su enormi tir, che percorrevano la Basentana fino alle grandi stazioni dove i vagoni viaggiavano sulla rete ferroviaria. La Ferrosud, poi, ha chiuso. I suoi vagoni sono diventati un timido ricordo, ma sulla Basentana hanno continuato a viaggiare tir pieni altri prodotti. Come l’ortofrutta del Metapontino ma anche, più a nord, le merendine della Ferrero, l’azienda che all’indomani del violento sisma che colpì la Basilicata nel 1980 decise di mettere su una fabbrica a Balvano, proprio a poche decine di chilometri dal raccordo. Ma anche come le autovetture targate Fiat che dalla piana di San Nicola di Melfi raggiungono il centro - nord. Oltre a centinaia di lucani. Ieri come oggi e come domani. La strada, l’autostrada che consentì e consente ai lucani di uscire dalle loro montagne è diventata così il mastice di una regione. Il simbolo di un abbandono reso più cupo dalla colline brulle, dai burroni, dalle vette che tutto intorno le fanno da cornice e che richiamano alla memoria dei viaggiatori «le aspre selve solinghe, orride e meste» narrate dal filosofo napoletano Gianbattista Vico quando da precettore dei figli di un marchese cilentano vedeva estendersi le montagne da un mare all’altro. Tre secoli dopo la modernità ha ridisegnato quei paesaggi e la Basentana ne è diventata uno dei simboli. Un pezzo di storia di una Basilicata che vuole andare avanti, vuole crescere, vuole innovarsi, vuole collegarsi al mondo. Anche con la sua «autostrada» quella che pur tra piloni da sistemare, guard rail da ripristinare, verifiche e controlli da continuare a fare, è stata e resta il collegamento più importante tra il territorio lucano ed il resto del Paese. Come confermano le decine di autovetture e camion che, da un mare all’altro, la percorrono tutti i giorni.