L'intervista
«Something is changing at home»: il debutto di Gaia Rollo è un diario sonoro che racconta il cambiamento verso l'età adulta
Esce oggi l'EP della cantautrice salentina, fresca dopo l'apertura dei due concerti baresi de I Cani e pronta a volare in Olanda per l'Eurosonic Music Festival 2026: «Questo lavoro è come chiudere un cerchio, ora posso andare avanti»
Una stanza che si svuota, un’abitudine che si spezza, qualcuno che non c’è più a ricordarti di mangiare. È in questi gesti quotidiani, minuscoli ma determinanti, che nasce «Something is changing at home», l'EP di debutto della salentina Gaia Rollo. Un lavoro che esce oggi 12 dicembre per Bellezza Records/Universal Music Italia, in collaborazione con Dischi Uappissimi, ed è conclusione naturale di un ciclo creativo nato in maniera spontanea e necessaria, «un diario aperto» dove Gaia ha raccolto pensieri, fragilità e cambiamenti quotidiani che definiscono ciò che siamo. Reduce dalle due serate in cui ha aperto i concerti baresi dei Cani, e confermata tra gli artisti dell'edizione 2026 dell’Eurosonic Music Festival di Groningen, in Olanda, la cantautrice restituisce un lavoro con scrittura sincera, gusto melodico ricercato e attenzione ai dettagli.
Gaia, partiamo dalla stretta attualità: come sono andate le due date a Molfetta, in apertura a Niccolò Contessa?
«È stato emozionante, seguo I Cani da quando ero molto piccola, è stato un onore e un momento molto intenso. Questa possibilità è arrivata grazie al lavoro di Antonio Conte, di Dischi Uappissimi, ci tengo subito a dirlo: lavoro con persone che credono nel mio progetto e mi seguono ogni giorno. Mi sento molto fortunata perché non sono sola».
Dopo tanta attività, finalmente esce il progetto per intero. Cosa c'è in questo «diario»?
«Essendo il primo lavoro che pubblico, alcune cose che ho scritto non mi rappresentano più. Questo disco è come chiudere una serie di capitoli della mia vita e andare avanti, come quando finisce l’adolescenza e diventi adulta. Sarà una grande liberazione da turbe del passato».
La produzione e il mix sono di Matilde Davoli: come descriverebbe il suono dell’EP?
«Forse è un po’ futurista, magari anche nuovo rispetto a ciò che si ascolta di solito. Si affaccia all’Europa, ha un respiro internazionale».
Il titolo parla di «casa»: simbolicamente cosa rappresenta?
«Più che un luogo, è ciò che sei stata fino a un certo momento. Mi sono riconosciuta in una certa versione di me fino a quel punto, era la mia “casa”. Poi, mentre lavoravo al disco, ho cambiato appartamento due volte. Sono rimasta a Lecce perché mi trovo bene con le persone che ho incontrato: musicisti, colleghi, amici. C’è un senso di aiuto reciproco molto forte. Finché ci sarà questa energia, penso che la Puglia potrà dare tantissimo alla musica».
Parliamo della sua formazione, cosa l'ha influenzata?
«Ho studiato jazz al Conservatorio, anche se abbiamo un rapporto altalenante: a volte lo sento vicinissimo, altre devo spegnere la testa. Una delle mie madri artistiche è Joni Mitchell: ce l’ho tatuata ovunque. Mi affascina tutta la sfera folk alternativa, le accordature aperte, ma anche i suoni di St. Vincent, New York, il post-punk…».
Nel 2026 volerà a Eurosonic. Cosa spera arrivi del suo progetto al pubblico europeo?
«Spero ci siano persone che, a un certo punto, sentano il bisogno di ascoltare una mia canzone. E in generale l'augurio è di poter fare questo nella vita: sopravvivere con la mia musica. Sarebbe l’obiettivo supremo».