L'intervista
Dopo La Sad, Plant si mette a nudo: l'esordio solista con «Maldivita» racconta la generazione iperconnessa
Un album che esplora l’ansia, la depressione e la ricerca di autenticità dei ragazzi di oggi: collaborazioni con Nitro, Sally Cruz, Bnkr44 e 18K, il 28 ottobre il primo concerto solista a Milano del cantautore altamurano
C’è chi la chiama ansia, chi depressione, chi la confonde con la stanchezza. Per Plant ha un nome preciso: «Maldivita». È così che l'artista altamurano, classe ’99, ha deciso di intitolare il primo album da solista dopo l'esperienza con La Sad, ed esce oggi 3 ottobre per M.A.S.T./Believe. Una radiografia emotiva di una generazione che corre senza fermarsi, iperconnessa eppure sempre più scollegata dai sentimenti. Tracce che mettono al centro i disagi più taciuti: l’apatia mascherata dai social, la fragilità che diventa forza, un mondo in cui il dolore dev’essere estetico per sembrare reale, e i sentimenti valgono meno delle visualizzazioni sui social. Un capitolo nuovo per Plant che il 28 ottobre sarà in concerto per la prima volta da solista, ai Magazzini Generali di Milano, pronto a trasformare il suo racconto in un’esperienza condivisa con chi, come lui, cerca uno spazio autentico in mezzo al rumore di un’epoca distratta.
Dopo tanto lavoro in gruppo, adesso un progetto personale: come si sente?
«È stato un anno difficile, mi sono messo in dubbio, non ero sicuro di poter fare un pezzo che funzionasse, figuriamoci reggere da solo un lavoro del genere. Poi ho capito che la chiave era tornare alle origini, ad essere me stesso: ho cercato di togliermi qualsiasi involucro o filtro, dimostrare la mia essenza vera. Ho deciso che se arriva quella, allora va bene. Non voglio più arrivare in alto per cose che non siano la musica».
Cosa l'ha aiutata a venire fuori da questo anno?
«All'inizio mi sembrava tutto insormontabile. Poi sono tornato in studio e ho fatto le cose da zero. Ogni brano che riuscivo a tirare fuori era una carica di serotonina. Lo riascoltavo anche cinquanta volte, mi sentivo come a 15 anni quando prendevo i treni regionali e andavo a Bari in studio a registrare le prime cose. Mi sono gasato».
«Maldivita» è un neologismo, ma spiega molto bene lo sguardo di voi giovani. Cos’è?
«È una parola che non esiste, ma che tutti capiamo al volo appena la leggiamo, e per me questo era fondamentale. Secondo me è la malattia dei ragazzi di oggi e ha tanti sintomi: il fatto di doverci sempre sentire al centro dell'attenzione, dare il massimo per mostrare la finta felicità sui social, non farci vedere vulnerabili per sentirci realizzati. Il fatto che non si possa essere tristi, o passare un momento di insicurezza e dolore senza essere giudicati dei falliti, è una cosa che pesa. Perché è proprio quando tocchiamo il fondo che capiamo veramente chi siamo e dove vogliamo andare, almeno per me ha funzionato così. O anche l'essere costantemente connessi tra di noi, ma in realtà siamo lontani, soli, non possiamo fermarci un attimo, facciamo le cose per inerzia e non ci ascoltiamo più tra di noi. Non ascoltiamo più neanche noi stessi».
Questo connubio tra musica e salute mentale è un tabù che finalmente è caduto. Sente addosso una responsabilità sapendo di aver scritto testi che parlano esplicitamente di depressione, che magari possono aiutare chi la ascolta?
«Alcuni brani di questo disco sono stati proprio una liberazione, la fine di un capitolo. “Dottore”, con Nitro, ad esempio l’ho scritta perché in questi anni ho frequentato psicologi diversi, e non è stato semplice trovare quello giusto per me. Quando un professionista non ci capisce tendiamo a credere di essere noi il problema, invece ci deve essere il giusto match».
Oltre a Nitro, nell'album ospita Sally Cruz, i Bnkr44 e 18K. Come sono nate queste collaborazioni?
«Ognuna è frutto di una connessione vera e un rapporto umano solido. Con Sally, ad esempio, siamo amici: entrambi abbiamo avuto un’infanzia difficile, veniamo da posti che non sono Milano, condividiamo tanto del nostro percorso. Con alcuni dei Bnkr44 c'è un rapporto molto stretto, dormono da me, facciamo serate insieme. 18K è l’artista più forte uscito quest’anno: mi ricorda alcune fasi del mio percorso, sta facendo tutto con le sue mani. E su Nitro che dire, sono suo fan da sempre, mi piace il suo modo di scrivere e fare freestyle: abbiamo anche un produttore in comune, Mike Defunto, e vederlo così gasato per il mio progetto mi ha aiutato tanto con le mie insicurezze.
I ragazzi de La Sad hanno ascoltato qualcosa?
«Lo faranno ora che è uscito il disco. Non ho voluto far uscire nulla al di fuori del mio team, proprio perché sono insicuro. Ho paura dei pareri esterni, potrebbero influenzarmi, preferisco prima pubblicare le cose».
E la sua famiglia ad Altamura come ha accolto questa nuova avventura?
«Sono gasati per me. Anche loro non hanno ascoltato ancora nulla, ma sono felici perché mi vedono felice. Erano preoccupati all'inizio, è stato difficile riabituarmi a far musica da solo. Però hanno capito che per me ha un valore enorme, e ora mi vedono rinato, col sorriso».
Insomma, tutto questo si corona con il primo concerto da solista: cosa ci aspettiamo?
«Sto mettendo su uno show figo. Ho inserito strumentisti nuovi, ci saranno ragazzi molto forti ad aprire il concerto, che annuncerò a breve. Sono orgoglioso dell'allestimento, carico, non vedo l’ora di salire sul palco e spaccare tutto».