L'intervista

Hora Prima, il nuovo album della band barese scava nel rapporto tra uomo e tecnologia

Bianca Chiriatti

Il gruppo, protagonista del panorama prog nazionale, apre un nuovo capitolo dedicato anche ai dubbi e alle contraddizioni dell'intelligenza artificiale

Individuo e tecnologia: un rapporto complesso, talvolta conflittuale, sempre più al centro dato l'avvento dell'intelligenza artificiale. Ma anche spiritualità, religione, modernità. Sono questi i temi del nuovo album dei baresi Hora Prima, ormai protagonisti della scena prog nazionale (dopo Sanremo Rock, il Premio Morris e altri palchi importanti si sono esibiti anche al 2 days +1 Prog Festival di Veruno), che hanno presentato i nuovi brani in anteprima in una serata speciale al Circolo Resilienza di Bitonto. Francesco Bux (batteria, synth, voce), Domenico De Zio (chitarra), Roberto Gomes (tastiere e voce), Roberto Di Lernia (basso e voce) e Andrea Catalano (voce) propongono un viaggio tra musica, riflessioni e immagini che racconta la genesi del loro nuovo progetto discografico.

Partiamo dalla cronaca di questi giorni, che risposta è arrivata dal pubblico che ha ascoltato i nuovi brani?

Roberto di Lernia: «È andata ben oltre le aspettative, credo sia anche dovuto alla voglia di conoscere ciò che nasce nella nostra terra. C’è molto fermento culturale nell’underground. Esiste un florido sottobosco di artisti che cerca spazio e vorrebbe emergere tra la monocromia del mainstream, che propone oramai gli stessi cliché preconfezionati. È stato bello vedere gente molto grande, affezionata al rock progressivo, molto prolifico in Italia tra gli anni '60 e '70, insieme a tanti ragazzi che avevano voglia di musica suonata e soprattutto vera».

Cosa vi ha spinti ad approfondire il legame tra uomo e tecnologia?

Andrea Catalano: «L’idea è partita dopo la stesura del brano Intelligenza Artificiale, spunto per un concept che pone dubbi e perplessità su questa tecnologia, la quale, inevitabilmente si ripercuote sugli aspetti sociali e sulla natura stessa dell'essere umano. L'intelligenza artificiale viene vista come un “oracolo”, in quanto detiene tutto il sapere a portata di clic; noi abbiamo cercato di sottolineare musicalmente il sentimento di ambiguità nei confronti di questa realtà così inquietante. Nell’album infatti, il prog viene usato come contenitore di informazioni. Si va così dal rock classico, fino allo sfociare in ambienti sperimentali, dal metal al jazz, dal pop al funk, il che permette all'ascoltatore di attraversare vari ambienti musicali senza mai distrarsi».

Sull'intelligenza artificiale a servizio della creatività, qual è la vostra posizione?

Domenico De Zio: «Crediamo che l’intelligenza artificiale sia una medaglia con due facce. Da un lato, è uno strumento incredibilmente utile nella vita di tutti i giorni: può semplificare processi, offrire nuovi spunti e persino aprire porte inaspettate anche in ambito creativo. Dall’altro lato, nel campo artistico rappresenta anche un potenziale rischio. Se usata senza consapevolezza, può finire per appiattire l’espressione personale e sostituire la sensibilità umana con qualcosa di troppo "perfetto" ma privo di anima. La creatività nasce dall’esperienza, dall’errore, dall’emozione, e tutto questo, almeno per ora, resta profondamente umano. L’AI può ispirare, certo, ma non dovrebbe mai sostituire l’essenza dell’artista».

La spiritualità, la religione e i miti della modernità sono altri temi portanti del disco. Come si intrecciano con il vostro approccio musicale?

Francesco Bux: «La compresenza di elementi legati alla satira religiosa, all'evoluzionismo, alla critica verso la fede dogmatica, alle riflessioni rispetto all'ingerenza della tecnologia nel quotidiano e all'inversione di paradigma a cui, inermi e immobili, stiamo assistendo, è veicolata a volte da immagini grottesche e surreali, espresse tramite vocaboli e nonsense, a volte attraverso espedienti sonori e cambi repentini di atmosfera che mirano a destabilizzare la sicurezza “edulcorata” dell'ascoltatore, ponendolo davanti ad un continuo mettersi in discussione. Questo meccanismo, che è alla base del nostro modo di concepire la musica, trova la sua condizione essenziale nella pratica della costante contraddizione. L'assenza di certezze e la totale liquidità di ogni elemento circostante, fungono da inneschi per porsi nella condizione di intraprendere un viaggio verso l'interno più che verso l'alterità silicea e l'ormai consueto stordimento da scaffale, elemento costitutivo, ormai, del nostro genoma».

Dopo «L’Uomo delle Genti», concept su San Nicola, vi cimentate con un altro lavoro profondo. Che evoluzione avete vissuto da allora?

Roberto Gomes: «Dall'ultimo progetto discografico la band è cambiata sia a livello di formazione che dal punto di vista artistico. I nuovi membri hanno portato le loro influenze, e il modo di comporre e pensare la musica si è evoluto. Con il tempo è nata la necessità di scoprire quale potesse essere il vero "sound Hora Prima" e quale metodo di composizione adottare per raggiungere un'identità più originale. Così, l'improvvisazione che durante le prove serviva a riscaldarci alla fine è diventata la macchina principale che dava vita a nuove idee, nuovi spunti, i quali ci permettevano di dar vita a un modo più spontaneo di pensare la nostra musica. Un metodo vincente che ci ha portato a produrre il nuovo progetto con dei colori che rispecchiano di più l'identità della band».

Cosa significa per voi suonare prog rock oggi, in Puglia?

R.D.L.: «Suoniamo questo tipo musica perché ci da la libertà di essere noi stessi, sperando un giorno di contribuire alla riscoperta di un genere che, nonostante lo snobismo della stampa e dei media, ha influenzato la musica internazionale ed è sopravvissuto alle mode ed alle tendenze».

D.D.Z.: «Suonare prog rock oggi per noi significa inseguire quella scintilla che nasce dalla voglia di sperimentazione. Il prog è ricerca, è libertà, proprio come la nostra terra: una costa frastagliata, mai prevedibile, che ci ispira a esplorare suoni e soluzioni sempre nuove. Anche se è un genere di nicchia, continuiamo a cercare spazi e pubblico, convinti che ci sia sempre chi è pronto ad ascoltare qualcosa di autentico e diverso senza dover necessariamente seguire le mode dettate dal mainstream».

F.B.: «Fare oggi della sana sperimentazione e ricerca musicale trovo che sia l'unica via per lottare contro tutta una serie di deperimenti e impoverimenti legati al mondo in cui viviamo e alla dilagante e sconcertante edulcorazione cerebrale che domina la musica attuale, meretrice non volontaria, al soldo di gente che non sa minimamente cosa significhi fare musica. Lottiamo per l'indipendenza della musica».

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