L'intervista
Le hit immortali degli Zero Assoluto al Demodé di Bari: «Facciamo musica perché ci va, una grande conquista»
Matteo e Thomas alla «Gazzetta»: «Mai avuto un pubblico così variegato, cantano tutti, bello vedere tanti uomini ai nostri concerti»
Vent’anni di carriera in una sera, per cantare le hit di una delle band simbolo dei primi anni Duemila e sentirsi di nuovo adolescenti: gli Zero Assoluto, il duo romano composto da Matteo Maffucci e Thomas De Gasperi, saranno al Demodé di Modugno (Ba) domani sera, sabato 26 ottobre, per l’unica tappa pugliese del loro tour nei club. Un giro di palchi speciale che anticipa un 2025 ricco di emozioni, coronate dalla data dell’1 marzo all’Unipol Forum di Milano, e del 10 marzo all’Oslo Hackney di Londra. «Tornare a incontrare il pubblico è sorprendente - raccontano alla Gazzetta - poi il target si allarga sempre di più, abbiamo i giovanissimi, ma anche i più grandi, non sono mai stati così tanti, e dal punto di vista estetico è di forte impatto sentirli cantare dall’inizio alla fine. Sembra un incontro generazionale da documentario, quasi una messa».
Siete stati fuori dalle scene per un po’, com’è stato il ritorno sul palco?
«Una pausa così lunga non era prevista, ci siamo messi a fare altro, poi è scattato un meccanismo di tutela nei confronti di tutto quello che avevamo costruito. Dopo lo stop della pandemia abbiamo provato a metterci di nuovo a scrivere, volevamo vedere che effetto faceva. Alla fine ci siamo resi conto che le nostre canzoni fanno da colonna sonora a pezzi di vita. È come se il nostro pubblico le avesse assorbite e le stesse riscoprendo in maniera più intima, più adulta, in fondo il tempo fa crescere le idee. Ed è bello anche vedere tanti uomini ai nostri concerti, si scardina uno stereotipo».
Prima di esibirvi, nonostante la tanta esperienza, c’è sempre un po’ d’ansia?
«No, è proprio terrore. Poi succede la magia, il corpo si setta su quella sensazione, è come andare in bicicletta o sciare, che anche dopo tanto tempo sali sul palco e va tutto da sé. E allora non vorremmo più scendere».
La scaletta come la costruite?
«In ogni contesto proponiamo un percorso musicale diverso. Ma le hit ci devono essere tutte, anche se le abbiamo cantate centinaia di volte. Non inserirle sarebbe una cattiveria nei confronti del pubblico».
Che visione avete del panorama italiano oggi?
«Si è abbassata l’età degli artisti, che a 19, 20 anni fanno già gli stadi. Il livello è molto alto, chiaramente con la grande offerta che c’è bisogna saper cercare, ma le cose belle ci sono. Purtroppo la vita di un brano è molto breve, e alcuni hanno bisogno di un po’ di tempo per essere metabolizzati. La fruizione è così, ormai, distratta e immediata».
La vostra musica però è fuori da meccanismi di numeri, classifiche: qual è la vostra più grande conquista?
«Facciamo musica perché abbiamo voglia di farla e pensiamo di avere qualcosa da dire, altrimenti sarebbe distruttivo nei confronti di tutte le cose belle che abbiamo fatto. È la più grande conquista, fare ciò che ci va, il nostro approccio è brutalmente onesto. Anche fermarci e proteggere il nostro lavoro è stato un atto di coraggio».