L'intervista

I tasti dolenti di Capossela: «Troppo individualismo, manca il sentire comune»

Nicola Morisco

Il cantautore domani (ore 21) a Otranto per «Luce Music Festival». Sabato sarà a Minervino Murge per la seconda tappa pugliese

«I luoghi hanno un’importanza fondamentale nei concerti che faccio. Anche se può sembrare complicato, i concerti che realizzo in questo tour estivo sono sostanzialmente due. In “Vecchi tasti” eseguo in versione integrale i brani del disco “Camera a Sud”, con una formazione allargata che ci consente di eseguire al meglio gli arrangiamenti scritti da Antonio Marangolo. Poi c’è “Altri tasti”, in cui l’ossatura è formata dalle canzoni presenti nell’album “Tredici canzoni urgenti”, realizzate con diverse declinazioni». È la definizione raccolta dalla voce di Vinicio Capossela, il più creativo cantautore della musica italiana (e non solo), che ieri ha rilasciato un’intervista collettiva on line di circa un’ora, in prossimità delle due date previste in Puglia.

La prima, «Vecchi tasti», è in programma domani alle 21 nel Fossato del Castello di Otranto per «Luce Music Festival»; l’altra, «Altri tasti», sarà in scena il giorno dopo, sabato 20 alle 21, alla Tenuta Bocca di Lupo a Minervino Murge. Chiarita la differenza tra un concerto e l’altro, Capossela ha spiegato che: «C’è sempre qualcosa che unisce le due performance, mi piace lavorare di sartoria».

Concerti estivi, dunque, con formazioni e repertori differenti. Ma «Altri tasti» è un modo per affrontare un mondo che si sta sgretolando sotto la totale indifferenza?

«Non direi del tutto indifferenza, è che secondo me ognuno partecipa in maniera molto individuale ed è abbandonato un po’ alle proprie passioni: quelle della paura, della rabbia, dello sconforto, dell’indignazione e altre ancora. È da tempo che quest’epoca sembra segnata un po’ da questa partecipazione molto mediata, e dall’individualizzazione della società, per cui viene a mancare di un collante comune che faccia sentire partecipi e consapevoli di alcune cose. Si è consapevoli a schegge, è una società molto scheggiata: questo credo sia il cambiamento in atto».

A proposito di cambiamento, non crede che in questo periodo specifico, a parte le poche eccezioni come la sua, ci sia poco impegno nel fare musica rispetto a qualche decennio fa?

«Credo che la musica si uniformi a tutto il resto del mondo del consumo, per cui la maggior parte della musica copre la funzione, come gran parte dei prodotti culturali, dell’intrattenimento. Quindi, assolve pienamente a questo tipo di funzione. Fare altri discorsi comporta maggiori difficoltà di comunicazione, mi sembra che in effetti ci sia una grande prevalenza dell’intrattenimento rispetto all’esercizio di coscienza. Anche se l’esercizio di coscienza può avvenire anche all’interno dell’intrattenimento, però la musica, le canzoni possono essere anche contenuti che ci rimandano alla consapevolezza».

Possiamo individuare nel mercato il burattinaio che muove i fili?

«In generale è il mercato il vero deus ex machina della società consumista e liberista in cui viviamo, si nutre dei suoi stessi prodotti di intrattenimento, che hanno delle regole diverse dal cosiddetto impegno. Un alto problema è sicuramente legato a tutto un mondo che è venuto meno. Quando parliamo di artisti e autori di qualche decennio fa, anche se non sono stati particolarmente conosciuti, hanno avuto il grande merito di esistere essendo organici a qualcosa di più grande, penso ai movimenti. Adesso tutto questo è cambiato e si è un po’ disorganici, ma questo non significa che non ci sia vitalità ed esercizio di coscienza, ci sono tante voci interessanti che non arrivano al grande pubblico, se questo poi esiste davvero».

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