Nel Salento

San Cataldo, ecco il secondo porto trovato in fondo al mare

Toti Bellone

Un altro prezioso «regalo» dell'archeologia marina

SAN CATALDO - L’archeologia salentina regala un nuovo tesoro: il secondo Porto d’epoca romana a San Cataldo, che in realtà, è precedente al già noto “Molo di Adriano”. Quest’ultimo, voluto dall’omonimo imperatore Publio Elio Traiano Adriano, è infatti datato 130 dopo Cristo, mentre l’altro è compreso fra la fine dell’Età Repubblicana e la prima metà dell’Imperiale (509-31 avanti Cristo circa).

I risultati delle ricerche subacquee e costiere del Porto ritrovato, che sommerso, in località “Posto San Giovanni” del comprensorio “Le Cesine”, nel Comune di Vernole, si trova di fronte alla spiaggia dell’edificio idrovoro sorto negli Anni Cinquanta durante la Riforma Fondiaria, sono stati presentati dal team di esperti diretto dalla docente di archeologia subacquea dell’Università del Salento, Rita Auriemma.

Si tratta degli esperti del Dipartimento di Beni Culturali della stessa Università, collaborati da Centro Euromediterraneo per l’archeologia ed i paesaggi costieri e subacquei, Poli Biblio-Museali di Puglia (diretti da Luigi De Luca), Capitaneria di Porto di Bari (ammiraglio Vincenzo Leone), Politecnico di Torino, Nucleo subacqueo sommozzatori di San Benedetto del Tronto, Riserva “Le Cesine”, Comune di Vernole (sindaco Mauro De Carlo), col supporto di Nautica Mangè, Ditta Angelo Colucci, Masseria Fossa, Relais Masseria Le Cesine, Taras Sub Diving Center, ARIF Puglia, Consorzio di Bonifica Ugento e Li Foggi e Decathlon.
Dopo le operazioni di sorbonatura (aspirazione di sabbia, fango e detriti), le ricerche hanno consentito di meglio precisare la geometria del secondo Porto della marina di Lecce, che è a forma di L, dalla “radice” alla “testata”, ed hanno stabilito che la sua lunghezza si attesta in quasi 150 metri.

L’equipe di esperti e tecnici, ha inoltre appurato, che la struttura, compiutamente individuata già nel 2020, risulta realizzata con la tecnica edilizia “a cassone”, tipica del Bacino del Mediterraneo, Egeo compreso, con allineamenti paralleli e perpendicolari di giganteschi blocchi di calcarenite locale e pietrame di riempimento.
L’impiego di fotogrammetria subacquea e da drone, posizionamento GPS e rilevamento del fondale con un ecoscandaglio multibean di ultima generazione, hanno inoltre consentito di individuare a riva strutture murarie sconosciute, verosimilmente anche di epoca non Romana, che si aggiungono a quelle già note, fra le quali spicca una chiesetta sottomarina.
Per favorire valorizzazione e fruizione, quanto realizzato dall’equipe coordinata dalla docente di UniSalento, culminerà in un modello in 3D dell’intero paesaggio costiero e subacqueo attenzionato. Alla fruizione virtuale, dovrebbe presto seguire la possibilità di effettuare visite via terra, ed in acqua in modalità snorkeling, se non anche immersioni in sicurezza, accompagnati da esperti sub.

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