Una mela al giorno
Trapianti, cuore di maiale al posto di quello di un uomo
Le prospettive future – dice il prof. Prati - sono il cuore artificiale totale (dispositivi sono già testati
Riusciranno i nostri ricercatori e trapiantologi a far funzionare un cuore di maiale al posto di quello deteriorato di un uomo? Le premesse ci sono tutte, anche se finora, la strada è costellata da fallimenti. L’ultimo è stato David Bennett, 57 anni, trapiantato, il 7 gennaio 2022, con cuore di maiale geneticamente modificato, perché affetto da una malattia cardiaca in fase terminale, che è morto due mesi dopo il trapianto. Nota la storia di Baby Fae, una neonata americana, nata con gravi malformazioni, cui era stato trapiantato, nel 1984, un cuore di babbuino che sopravvisse 21 giorni. Le speranze sono affidate, ora, alle cellule staminali e tecniche di taglia e cuci del Dna (in particolare la Crispr-Cas9, che si deve alle ricercatrici Jennifer Doudna ed Emmanuelle Charpentie, per questa scoperta, Nobel per la Chimica 2020). Tali tecniche permettono di modificare geneticamente gli organi di maiale le cui caratteristiche immunologiche più lo avvicinano all'uomo, anche per la capacità di raggiungere facilmente le dimensioni del cuore umano e per esporre il paziente a minor rischio infettivo. Il trapianto cardiaco – ha detto il prof. Francesco Prati, presidente “Centro lotta contro l’infarto” e direttore Dip. cardiovascolare dell’osp. San Giovanni Addolorata di Roma, al summit “Conoscere e curare il cuore” da lui organizzato e presieduto – è il trattamento di scelta nello scompenso cardiaco avanzato refrattario, garantendo una sopravvivenza, in media, di 10-15 anni. Considerato il numero limitato di cuori umani disponibili ed il crescente numero di pazienti che ne hanno e, ancor più, ne avranno bisogno (la lista di attesa è in media di 3,7 anni per i pazienti “standard” e 8 mesi per quelli “urgenti”), ci si è rivolti a supporti meccanici al circolo per alcuni dei pazienti assicurando sopravvivenze di 1-5 anni ma con differenti qualità di vita e possibili complicanze. Tra i nuovi approcci, appunto, lo xenotrapianto (cuore di animale e, nella specie, di maiale).
Le prospettive future – dice il prof. Prati - sono il cuore artificiale totale (dispositivi sono già testati: i migliori risultati ottenuti con “Syncardia” con ventricoli artificiali e valvole meccaniche), la rigenerazione miocardica e la terapia genica che ha garantito sopravvenne superiori all’anno nel 72% di 42 pazienti). Nel campo della rigenerazione miocardica, il cuore bioartificiale (costruire in vivo l’intero organo a partire da un elemento di sostegno). Nonostante questi avanzamenti, al momento – è la conclusione - permangono limitazioni maggiori ad un impegno strutturato dello xenotrapianto e, tra i principali, il rischio infettivo ed il rigetto tardivo, Comunque, esso potrebbe contribuire alle modalità terapeutiche almeno per quei pazienti che, oggi, restano orfani di trattamento. Il prof. Robert Montgomery, un “Padre nobile” della trapiantologia (scuola di medicina e del trapianto del Langone Health di New York) ha mostrato – facendosene cavia egli stesso - una via percorribile: utilizzare anche i cuori di pazienti deceduti, portatori di infezione da virusepatite C (severamente esclusi come donatori perché porterebbero, con sé, anche l’infezione). In questo modo, un consistente numero di persone potrebbero donare… “di epatite C, oggi, si guarisce, mentre – ha detto Montgomery - per chi aspetta un cuore di ricambio, il rischio di morire è dietro l’angolo”.