Arte

Toy Blaise, la pittura come rinascita

Rossella Cea

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«Eudaimonia» è la mostra in corso a Bari. L’artista: dipingere per me è stato un atto di liberazione

Per gli antichi greci l’eudaimonia non esprimeva l’idea di felicità che conosciamo oggi. Se per Socrate era quella voce interiore capace di portare verso l’azione moralmente giusta da compiere, per Platone significava l’essere in armonia con il proprio daímon, cioè quel carattere particolare che appartiene alla nostra vera natura. Definizione ripresa poi da Jung quando si riferisce all’importanza di potersi dedicare, nella vita, alla nostra vocazione più intima, in sintonia, appunto, con quel demone che si agita dentro di noi. L’archetipo che guida le nostre passioni e motivazioni inconsce, ciò che definisce la nostra essenza. Anche lo psicoanalista James Hillman, per esempio, sosteneva l’importanza di dare ascolto a questo «spirito», questa entità misteriosa che vive nel fondo delle nostre motivazioni. Ma se per la nostra civiltà occidentale l’eudaimonia coincide con la felicità e ne è l’espressione più autentica, come conciliare questa visione positiva della realtà con il male che la permea, e che pure è parte integrante dell’essere umano? La risposta dell’Oriente, invece, attraverso numerose discipline filosofiche, è stata sempre quella dell’accettazione della nostra parte più oscura, come dinamica propedeutica indispensabile al superamento, e alla conseguente scelta verso il bene.
Su tutte queste dinamiche complesse riflette l’arte di Toy Blaise (Biagio Monno), l’artista barese che ha inaugurato giovedì scorso, presso Santa Teresa dei Maschi a Bari, sede del Museo dei pigmenti del colore, la mostra personale «Eudaimonia», curata dal Maestro Miguel Gomez, e visitabile fino al 10 settembre. Nelle opere di Blaise, realizzate in uno stile dall’impronta fumettistica in acrilico e componenti materiche, come la cenere o perfino byte dentali, figure metamorfiche, fagocitanti e fagocitate, guardano al mondo con gli stessi occhi dell’autore. Spesso parti del corpo vengono enfatizzate con la loro funzione specifica, e messe in dialogo impotente con la parte più nascosta dell’essere, rappresentata in termini di sofferenza fisica. In altre opere si snoda la circolarità di colori vividi e luminescenti, che vanno dal giallo oro al verde smeraldo, esaltando il gioco di equilibrio spaziale ricercato tra elementi della natura e figura umana, a sottolineare quell’anelito implicitamente divino che spinge verso la ricerca di un’armonia universale che tutto può sanare, come dichiara lo stesso artista: «Dopo aver attraversato un periodo molto difficile della mia vita, ho compreso che la negatività mi stava divorando, fino al punto di farmi ammalare. L’arte per me è stato un mezzo di liberazione. Un’esperienza catartica, una lunga lotta interiore. Attraverso un percorso di analisi e trasformazione sono guarito. Il mondo è martoriato da guerre, ingiustizie e prevaricazioni di ogni genere, ma esiste un livello più alto di comprensione che io esprimo attraverso l’arte, e che può portare al raggiungimento di un’armonia con se stessi e con gli altri».

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