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L'approfondimento

Rigenerare il Sud attraverso la terra: il modello Paduli tra paesaggio, comunità e cibo

Dal 2022, con il progetto “I Santi Paduli”, sostenuto dalla Fondazione Con il Sud con un contributo di oltre 2,6 milioni di euro, si è avviato un processo integrato di sviluppo locale che mette al centro il “cibo sano"

30 Maggio 2025

Graziana Capurso

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Graziana Capurso

LECCE - Nel cuore del basso Salento, tra muretti a secco e ulivi martoriati dalla Xylella, otto piccoli comuni hanno scelto una strada diversa da quella dello spopolamento e dell’abbandono. Si sono uniti nel “Parco Agricolo Multifunzionale dei Paduli”, una visione collettiva che dal 2003, con l’impulso dell’associazione LUA (Laboratorio Urbano Aperto), sta rigenerando paesaggio e comunità. È qui che il 28 e 29 maggio si svolge il press tour promosso dalla Fondazione Con il Sud, con giornalisti e fondazioni in visita per conoscere un esperimento riuscito di welfare rurale, co-progettazione e sviluppo sostenibile.

Il Parco Paduli si estende per 5.500 ettari nella provincia di Lecce, un territorio che fu un tempo il Bosco Belvedere. Oggi, tra dolmen, pajare e canali, si coltiva una nuova idea di comunità. Dal 2022, con il progetto “I Santi Paduli”, sostenuto dalla Fondazione Con il Sud con un contributo di oltre 2,6 milioni di euro, si è avviato un processo integrato di sviluppo locale che mette al centro il “cibo sano” come strumento di cura del paesaggio e di rigenerazione sociale. Cuore pulsante del progetto è “La Buona Mensa”, un servizio di refezione scolastica per 350 bambini dei comuni del Parco, che usa solo prodotti locali, biologici e stagionali. A preparare i pasti è la cooperativa sociale Santa Fucina; a coltivare le materie prime, la cooperativa agricola Benedetti Paduli, nata per trasformare terre abbandonate in una food farm collettiva. Il progetto ha già creato 23 posti di lavoro, di cui il 30% destinati a persone con fragilità, e punta a raggiungere quota 31.

La filiera corta è trasparente: il “menu parlante” appeso alle scuole riporta i nomi dei produttori, valorizzando le storie di “restanza” e “ritorno” al Sud. Come quella dell’azienda Agrosì di Supersano, che dopo il disastro della Xylella ha riforestato un’area con un bosco didattico, o dell’Opificio dei Frutti Minori a Nociglia, dove varietà dimenticate di frutta e verdura vengono trasformate e riscoperte.

Ma “I Santi Paduli” è anche turismo lento, narrazione e land art. Tra le iniziative più suggestive, “Nidificare i Paduli”: rifugi biodegradabili costruiti con materiali agricoli di scarto, dove artisti e visitatori vivono a contatto con la natura. Nell’Uliveto Pubblico, a 2,5 km da San Cassiano, si sperimenta un’ospitalità ecologica con la “Casa dell’Ecoturista”, una caseddha restaurata in bioarchitettura, autosufficiente e scollegata dalle reti pubbliche.

A breve, verranno recuperate altre cinque caseddhe, mentre nel centro storico di San Cassiano nascerà un “Ciclostello” per accogliere cicloturisti. A completare il sistema: la Trattoria Agricola, dove si racconta il territorio con i piatti, e il Bosco del Parco, 8,5 ettari riconvertiti in coltivazioni agro-ecologiche e officinali. Tutto secondo un modello partecipativo e cooperativo, che ha visto anche la stesura collettiva del “Piccolo manuale della buona mensa” dopo mesi di confronto tra agricoltori, cuochi, scuole e famiglie.

Il Parco Paduli è oggi un laboratorio vivente per chi vuole immaginare un futuro possibile per le aree interne del Sud. Qui si ricuce il legame tra terra e comunità, si promuove un’economia della cura e della bellezza, si sperimenta una “smart land” dove i confini tra produzione agricola, welfare, cultura e turismo si dissolvono. Un progetto senza clamore, ma con radici profonde: quelle della terra, e delle persone che hanno deciso di restare.

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