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Armi, droga ed estorsione, colpo della Polizia al clan Briganti: 17 arresti

Redazione online

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Operazione all'alba nel Leccese: sgominata associazione mafiosa con contatti in Albania

LECCE - All’alba di oggi, la Squadra Mobile di Lecce, con l’ausilio di pattuglie del Reparto Prevenzione Crimine «Puglia Meridionale» di Lecce, «Puglia Centrale» di Bari, «Campania» di Napoli, di Unità Cinofile di stanza a Bari e del 9° Reparto Volo della Polizia di Stato di Bari, dopo una lunga indagine coordinata dalla DDA della Procura della Repubblica di Lecce, ha dato
esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare della Procura di Lecce nei confronti di 17 soggetti, indagati a vario titolo per i reati di associazione a delinquere di stampo mafioso, associazione finalizzata al traffico ed alla commercializzazione di sostanze stupefacenti, estorsione e violazione della legge sulle armi.

LE INDAGINI

 Le indagini, avviate nell’estate del 2019, hanno riguardato un gruppo criminale che si ritiene operante sul territorio leccese, conosciuto come clan Briganti e facente capo a Pasquale Briganti, detto Maurizio, la cui «mafiosità» è stata ampiamente riconosciuta con sentenze passate in giudicato. «Attraverso la predetta attività si ritiene di aver documentato l’incessante operatività del clan, e del suo capo storico nonostante questi fosse detenuto in esecuzione di pena presso un istituto carcerario del centro Italia» sottolinea la Questura leccese. L’indagine, sviluppata per circa due anni attraverso presidi tecnologici e servizi di pedinamento ed osservazione, avrebbe palesato come Briganti, dal carcere ed attraverso familiari ed
affiliati fidati, abbia continuato a gestire le attività illecite del clan, operativo prevalentemente, ma non esclusivamente, nella città capoluogo, arricchendo i propri ranghi con l’annessione di nuovi sodali attraverso i classici rituali di affiliazione, tipici delle organizzazioni criminali di stampo mafioso, e innalzando di grado affiliati già appartenenti alla Sacra Corona Unita.

Sono stati documentati episodi ritenuti di imposizione e riscossione di somme di denaro necessarie per il sostentamento degli affiliati in carcere, tra cui appunto l’indiscusso capo, nonché azioni punitive nei confronti di chi non osservava le regole o di chi, acquirente, pusher o spacciatore di sostanze stupefacenti, non pagava per tempo l’importo della droga acquistata. La Questura di Lecce «ritiene ancora di aver ricostruito la consumazione di una serie massiccia di reati che vanno dall’estorsione in danno di attività ambulanti e commerciali, al traffico di ingenti quantitativi di sostanza stupefacenti. Il clan si sarebbe occupato direttamente dell’acquisto, prevalentemente in territorio albanese, dell’importazione, dello stoccaggio e della suddivisione, prima della consegna finale ai vari pusher. Le investigazioni hanno permesso di ipotizzare la costante disponibilità di ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti, da immettere sulle piazze di spaccio, cittadine e della provincia, oltre che di una consistente disponibilità di armi, anche da guerra, di provenienza balcanica. Nel corso dell’attività sono stati sequestrati fucili mitragliatori di assalto sovietici, tra cui AK47 Kalashnikov e modello M.70 Zavasta, oltre a numerose pistole calibro 45, calibro 38 special e relativo munizionamento». È stata contestata, infine, l’estorsione ad alcuni commercianti e ambulanti in occasione delle festività del Santo Patrono di Lecce.

IL CAPOCLAN COMANDAVA DAL CARCERE 

Continuava a gestire il clan dal carcere in cui è detenuto dal 2019 Pasquale Briganti, detto 'Mauriziò, attraverso familiari e sodali, riuscendo ad affiliare nuove persone attraverso i rituali delle organizzazioni criminali di stampo mafioso e innalzando il rango interno quelli già appartenenti alla Sacra corona unita. E' quanto accertato dalle indagini dell’operazione antimafia 'Game Over' che ha portato oggi all’esecuzione di 17 ordinanze di custodia cautelare eseguite dagli agenti della questura di Lecce.

Sono stati documentati episodi di estorsione, anche per sostenere gli affiliati in carcere, e spedizioni punitive nei confronti di chi non osservava le regole. Il clan si sarebbe occupato direttamente dell’acquisto della droga, prevalentemente in Albania, e della consegna finale ai vari pusher. Avrebbe inoltre avuto una consistente disponibilità di armi, anche da guerra, di provenienza balcanica. Nel corso delle attività sono stati sequestrati fucili mitragliatori di assalto sovietici, tra cui AK47 Kalashnikov e modello M.70 Zavasta, oltre a numerose pistole calibro 45, calibro 38 special e relativo munizionamento. Per l’acquisto di queste armi il gruppo criminale avrebbe avuto come referente una persona italiana, di origini montenegrine, collante tra il clan e i trafficanti di armi residenti nel campo nomadi Panareo a Lecce.

Tra le attività illecite del clan anche estorsioni agli ambulanti in occasione delle partite di calcio del Lecce, eventi musicali e sagre; la gestione dei parcheggi abusivi durante spettacoli ed eventi sportivi; e l’estorsione ad alcuni commercianti in occasione delle festività del Patrono di Lecce.

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