La decisione
Ex Ilva Taranto, c'è l’intesa sugli impianti: stop al carbone e impegno su salute e lavoro. Urso: «È una svolta». I sindacati: «Nessuna certezza per i lavoratori»
Firmata al Mimit l’intesa con enti locali e governo: previsto il potenziamento della rete sanitaria e garanzie occupazionali. Bitetti: «Ora contano i fatti»
Una produzione di acciaio di sei milioni di tonnellate all’anno con tre forni elettrici, ma per l’impianto Dri che dovrà produrre il preridotto necessario ad alimentare le nuove linee produttive dell’ex Ilva si deciderà a settembre. In estrema sintesi è questa l’intesa raggiunta ieri pomeriggio tra il ministro dell’Imprese Adolfo Urso e gli enti locali: un documento firmato dal presidente della Regione Michele Emiliano, dal presidente della Provincia Gianfranco Palmisano e dai sindaci di Taranto e Statte, Piero Bitetti e Fabio Spada. Una sorta di miracolo viste le premesse iniziali e il «no» secco che la maggioranza consiliare tarantina aveva espresso alla vigilia dell’incontro. Un primo passo verso la decarbonizzazione dello stabilimento ionico che da 13 anni è il dossier bollente di tutti i Governi che si sono succeduti dal 2012 in poi. Non l’ultimo, però: dopo il 15 settembre, termine ultimo per la presentazione delle offerte dei nuovi acquirenti, le parti si ritroveranno per «esaminare – si legge testualmente nel documento firmato – le prime evidenze della Procedura e valutare la possibile localizzazione degli impianti di preridotto». «È chiaro nella gara e ribadito nell’impegno - ha specificato ai giornalisti il ministro Urso - che sarà preferito il progetto industriale per l’ex Ilva che realizzerà nel più breve tempo possibile la transizione ai forni elettrici, garantendo nel contempo i migliori livelli occupazionali».
Insomma sulla base delle proposte che arriveranno dalle società interessate all’ex Ilva, si stabiliranno tempi e modalità di realizzazione che a quel punto confluiranno nell’accordo di programma che dovrà inoltre «predisporre misure adeguate in favore dello sviluppo del territorio, nonché ad individuare strutture organizzative che monitorino le tempistiche dei procedimenti amministrativi ambientali riguardanti gli impianti strategici così da renderle effettive. L’accordo di Programma – si legge ancora nell’atto – avrà, in particolare a oggetto la necessità del territorio della provincia di Taranto e dei comuni di Taranto e Statte, coniugando il soddisfacimento del diritto alla salute, all’ambiente, al lavoro».
L’intesa, tuttavia, ricalca sostanzialmente i contenuti dell’ultima bozza di accordi che il Mimit aveva inviato alcuni giorni fa agli enti locali: anche in quel documento si parlava esclusivamente di tre forni elettrici e di una valutazione successiva del Dri. Un testo che, come detto, l’amministrazione Bitetti aveva sostanzialmente bocciato: qualcosa, quindi, è cambiato nel Municipio di Taranto. Anche negli uffici della Provincia, il «niet» si è trasformato in «sì». Passa, insomma, la linea Urso-Emiliano: il governatore pugliese, infatti, era stato il primi tra i rappresentati degli enti locali a dare il suo via libera alla proposta romana.
Nel testo sottoscritto da tutti i partecipanti al tavolo, inoltre, è chiaramente espresso l’obbligo vincolante per il nuovo acquirente di eseguire tutte le operazioni per lo «spegnimento delle aree a caldo alimentate a carbone» e di tutelare l’occupazione «quale principio inderogabile».
E ancora nel documento è confermata l’ipotesi «spezzatino» e cioè la facoltà per i nuovi acquirenti di presentare offerte per rilevare solo una parte dell’ex Ilva: un’ipotesi su cui sindacati e imprese avevano espresso una serie di perplessità. Nello stesso tempo, però, l’intesa prevede di esaminare «nuove prospettive per la reindustrializzazione delle aree libere, secondo gli indirizzi del “tavolo Taranto”» con lo scopo di valorizzare l’indotto: su questo punto Ministero ed enti locali hanno previsto l’istituzione della figura di un Commissario. Sull’ambiente e la salute, inoltre, il documento contiene l’impegno di incrementare le risorse del Fondo sanitario regionale «in misura che tenga conto dei dati epidemiologici, anche in funzione preventiva e di screening sanitario, nonché a favorire l’incremento delle risorse per il potenziamento del monitoraggio ambientale», il potenziamento «delle attività di ricerca e studio» attraverso il Tecnopolo del Mediterraneo anche «a mezzo dell’integrazione con i laboratori di ricerca di Acciaierie d’Italia in A.S., favorendo la nascita di un polo tecnologico che possa operare in diversi ambiti industriali a supporto dello sviluppo produttivo sostenibile del territorio tarantino». Nuovi fondi, infine, per il potenziamento delle infrastrutture come il Porto di Taranto e delle misure in favore dei proprietari degli immobili nel quartiere Tamburi «attraverso lo snellimento delle procedure e il rifinanziamento del fondo».
LE REAZIONI
«Questa è una svolta che potrà incoraggiare gli investitori a manifestarsi con i loro piani industriali il rilancio della siderurgia, della riconversione, della conversione green»: il commento del ministro delle Imprese, Adolfo Urso, sull’esito della riunione al Mimit dove è stata raggiunta la firma di tutti alla bozza di Accordo di Programma guarda all’ampliarsi delle chance di trovare partner per completare il salvataggio della fabbrica ionica.
«Finalmente sappiamo – ha aggiunto Urso - che c'è la squadra Italia unita per la prima volta nella storia di questa vicenda che dura da oltre 15 anni, con un accordo tra tutti i soggetti»
Ha esultato anche il governatore Michele Emiliano: «È un giorno che resterà nella storia della Puglia e dell’Italia intera. Con la firma odierna si dà il via alla piena decarbonizzazione degli impianti dell’ex Ilva di Taranto. Abbiamo scritto una pagina nuova, attesa da dieci anni, costruita con tenacia, sacrificio e visione». E poi ha sottolineato ancora il suo impegno sul futuro green dello stabilimento: «Dal primo giorno del mio mandato ho sostenuto, con determinazione e senza tentennamenti, che la decarbonizzazione dello stabilimento siderurgico di Taranto era l'unica via possibile per salvare l’industria dell’acciaio. Sapere che una delle più grandi fabbriche d’Europa, che è stata per troppo tempo anche simbolo di sofferenza e contraddizione, può finalmente rinascere in armonia con il diritto inviolabile alla vita, alla salute, al lavoro e alla tutela ambientale, è qualcosa che tocca profondamente il cuore».
Soddisfatto il sindaco di Taranto Piero Bitetti: «Abbiamo sottoscritto un documento, non un accordo di programma - ci tengo a precisare - che recepisce le nostre richieste. In particolare, il testo riporta “l’obbligo vincolante della piena decarbonizzazione del sito di Taranto che impone ai soggetti interessati lo spegnimento delle aree a caldo alimentate a carbone”. In nessun passaggio si fa cenno all’ipotesi di approvvigionamento tramite nave gasiera». «Si fa riferimento invece alla “tutela occupazionale quale principio inderogabile”. Non meno importante è il richiamo alla tutela della salute e al previsto potenziamento della rete sanitaria locale. A questa giornata attribuisco la giusta importanza perché saranno gli impegni solennemente assunti e i fatti che seguiranno a definire il giudizio che il Comune di Taranto esprimerà su tutta questa complessa vicenda» ha concluso il primo cittadino. Per Gianfranco Palmisano, presidente della Provincia di Taranto, si è trattato di «un passo concreto verso quella decarbonizzazione dello stabilimento ex Ilva che per troppo tempo è rimasta solo una promessa».
Soddisfatta anche Confindustria che attraverso il presidente Emanuele Orsini ha sottolineato l’auspicio che l’intesa venga rispettata e portata a termine, mantenendo saldi alcuni paletti: decarbonizzazione per rispetto degli abitanti di quel territorio e dell’industria, scelta di investitori del settore capaci di un rilancio vero e competitivo, sia a livello nazionale che internazionale, il «giusto e fondamentale rilievo per gli impianti Dri per l’alimentazione dei nuovi forni elettrici, che è un’esigenza assoluta per l’industria nazionale e per l’autonomia strategica del paese» e infine che «in tutto il processo di rilancio si tengano nella dovuta considerazione le molte piccole aziende e i fornitori che sono legati all’Ilva e al suo futuro, così come le migliaia di lavoratori coinvolti in questa vicenda»,
Decisamente diversi i toni dei sindacati: per il segretario generale Uilm, Rocco Palombella si tratta di «un documento privo di tutele e certezze sotto ogni punto di vista per i lavoratori e le comunità interessate». Giudizio negativo anche dai segretari generali della Fiom con Michele De Palma, che chiede una partecipazione pubblica nell’azienda. E infine per Ferdinando Uliano di Fim Cisl, invece, resta imprescindibile la realizzazione a Taranto del polo Dri per il preridotto. [redpp]