le indagini
Inchiesta «Kairos», in 33 ora rischiano di finire a processo per gli affari illeciti tra Taranto e Matera
Secondo gli investigatori, gli affiliati del clan del ramo lucano capeggiato da Salvatore Scarcia, si spendevano con danneggiamenti e atti intimidatori per costringere gli imprenditori a pagare per la loro «protezione»
Sono 33 le persone che rischiano di finire a processo dopo il coinvolgimento nell’inchiesta «Kairos» dell’Antimafia di Potenza, costola del primo filone «Mare Nostro» sui traffici delle due famiglie Scarcia-Scarci e i loro affari tra Taranto e e il litorale materano. A chiedere il rinvio a giudizio per gli imputati i sostituti distrettuali Marco Marano e Angela Continisio. Estorsione, tentata e consumata, porto e detenzione di armi illegali, ricettazione, riciclaggio, autoriciclaggio, furti di veicoli a privati e imprenditori tra Basilicata e Puglia riconsegnati ai legittimi proprietari solo dietro il pagamento di un riscatto in denaro. E poi truffe assicurative, richieste di tangenti e un tentato assalto allo sportello Atm di un istituto bancario di Nova Siri, nel Materano. E ancora. Prestiti usurari con un tasso di interesse che oscillava tra il 100 e il 300 per cento. Da un commerciante che aveva ottenuto 4mila euro era stata pretesa la restituzione di oltre 10mila euro: denaro che l’esercente aveva dovuto ripagare in pochi mesi perché costretto a consegnare ai sodali del gruppo la propria automobile fino al saldo del debito.
Un elenco sterminato di accuse quelle contestate agli imputati - alcuni difesi tra gli altri dagli avvocati Fabio Cervellera, Marcello Ferramosca, Andrea e Salvatore Maggio. Secondo gli investigatori, gli affiliati del clan del ramo lucano capeggiato da Salvatore Scarcia, anche lui qui imputato, si spendevano con danneggiamenti e atti intimidatori per costringere gli imprenditori a pagare per la loro “protezione”.
Dalla maxi inchiesta «Mare Nostro» - condotta dal pool di magistrati composto inoltre dall’ex procuratore distrettuale di Potenza Francesco Curcio, dal sostituto della Dda di Potenza Anna Gloria Piccininni e dai sostituti Angela Continisio, Milto De Nozza e Sarah Masecchia - culminata mesi fa in 21 arresti, era emerso che le compagini tarantino-lucana guidate da Andrea Scarci e Salvatore Scarcia avevano operato sotto le mentite spoglie della «Nereide», cooperativa virtuosa di pescatori, esercitando non solo la signoria sul mare, ma anche allungando le mani su numerose attività economiche del territorio e imponendo il proprio «blasone criminale».