Il caso
Postavano video su TikTok dal carcere: indagati 57 detenuti di Taranto
Tre differenti inchieste che raccontano chiaramente le difficoltà di riuscire a limitare i contatti con l'esterno e la facilità con cui i dispositivi di comunicazione vengono introdotti all'interno del “Carmelo Magli”
TARANTO - Telefonate dalle celle e persino video pubblicati su tiktok. Succede nel carcere di Taranto dove la procura ionica ha chiuso nell'arco di tre settimane ben tre inchieste mettendo sotto accusa complessivamente 57 persone, tutte detenute nell'istituto penitenziario ionico.
La prima inchiesta è firmata dal pubblico ministero Francesco Ciardo e coinvolge 19 indagati: nell'avviso di conclusione indagini notificato nelle scorse ore il magistrato inquirente contesta a un 41enne tarantino di aver introdotto un microtelefono nel carcere di Taranto con l'aiuto di un complice al momento non identificato e di aver poi concesso agli altri 18 coindagati di utilizzare per effettuare telefonate o inviare messaggi.
La seconda indagine, coordinata dal pubblico ministero Francesco Sansobrino, coinvolge invece altri 35 detenuti: anche per loro l'accusa è di aver utilizzato microtelefoni e smartphone per contattare fidanzate, mogli, genitori o parenti vari. Le indagini dei poliziotti della Polizia Penitenziaria ha consentito inoltre di effettuare numerosi sequestri tra apparecchi elettronici e sim card già durante la fase di indagini.
L'ultima e forse più incredibile delle inchieste è quella che ha coinvolto tre detenuti, tutti tarantini accusati non solo di aver utilizzato uno smartphone tra le mura della casa circondariale, ma di aver anche pubblicato un loro video sui social network. In particolare i tre indagati, difesi dagli avvocato Pasquale Blasi, Maurizio Besio e Adriano Minetola, si sarebbero filmati mentre ballavano e cantavano in cella e poi avverrebbero condiviso il contenuto su Tik tok.
Tre inchieste che raccontano chiaramente le difficoltà di riuscire a limitare i contatti con l'esterno e la facilità con cui i dispositivi di comunicazione vengono introdotti all'interno del “Carmelo Magli”.
Ora ciascuno dei 57 indagati avrà 20 giorni di tempo per chiedere di essere interrogato o depositare memorie difensive attraverso i propri avvocati per fornire la propria versione dei fatti e provare a evitare un nuovo processo che potrebbe allungare la loro detenzione. Le loro dichiarazioni saranno poi vagliate dai pubblici ministeri che dovranno decidere se chiedere l'archiviazione delle accuse oppure il loro rinvio a giudizio.