Il caso

Le bottiglie di vino «Rosso Jannik» regalate a Sinner non sono Primitivo di Manduria: la precisazione del Consorzio

Francesco Casula

Le 73 bottiglie sono state al centro di una polemica relativa a un presunto conflitto di interessi. Il vino regalato al campione di tennis non è contrassegnato dalla «fascetta di Stato» che ne tutela l'autenticità

MANDURIA - Il vino «Rosso-Jannik» non è Primitivo di Manduria. È firmato dal Consorzio di Tutela del Primitivo, l’ultimo capitolo della saga-pasticcio nata dopo l’idea del Comune di Manduria di donare 73 bottiglie di vino al campione italiano di tennis. Un’iniziativa che ha scatenato prima una bufera politica e ora anche una contesa con l’organo chiamato a proteggere il marchio del vino messapico.

In una nota inviata alla stampa, infatti, il Consorzio ha evidenziato come la normativa vigente sulla produzione del vino simbolo del territorio preveda l’obbligo dell’apposizione della fascetta di Stato sulle bottiglie: «una condizione indispensabile – si legge nella nota - per garantire l'autenticità e la tracciabilità dei vini Doc e Docg». In particolare il presidente del Consorzio, l’avvocata Novella Pastorelli, ha sottolineato che «la fascetta di Stato, che ho voluto fortemente ed ottenuto durante il mio primo mandato, è stata introdotta proprio a tutela della nostra denominazione ed è un importantissimo elemento che garantisce l’autenticità del vino e lo protegge da contraffazioni». Ogni fascetta contiene informazioni cruciali: dall'emblema dello Stato italiano e la dicitura “Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste” che confermano la supervisione istituzionale fino alla sigla Doc che identifica la denominazione del vino oltre a un numero progressivo unico e una serie alfanumerica che rendono ogni bottiglia tracciabile. «La fascetta – ha aggiutno Pastorelli - integra anche sistemi di sicurezza visibili e invisibili per prevenire frodi, ed è registrata nei registri di cantina per garantire la tracciabilità. Inoltre, l'Ispettorato Centrale per la tutela della qualità e la repressione delle frodi verifica costantemente che le fascette siano correttamente applicate e che non vi siano anomalie».

Alla luce di questo, insomma, per il Consorzio di Tutela del Primitivo di Manduria le bottiglie donate dal Comune di Manduria non possono essere considerate e riconosciute come «autentiche» perché «sprovviste del contrassegno di Stato». E così l’organo di tutela ha provveduto tempestivamente a segnalare a tutte le autorità competenti per materia «un possibile uso fraudolento del nome della Denominazione, oltre che un grave ed un ingente danno all’immagine del Consorzio e delle tre filiere che si prodigano per produrlo e commercializzarlo rispettando il disciplinare della produzione e della commercializzazione. Si è altresì provveduto – ha aggiunto il Consorzio nella sua comunicazione alla stampa - nell’immediatezza della notizia, ad attivare gli agenti vigilatori, i quali hanno già posto in essere tutte le verifiche necessarie».
Infine l’ultimatum all’azienda: «Si invitano gli operatori - conclude il Consorzio - a non perseguire pratiche sleali e scorrette. Ci siamo altresi attivati affiche Jannik possa avere l’autentico Primitivo di Manduria Doc e Docg».

Un vero pasticcio, insomma, al centro del quale si ritrova Isidoro Mauro Baldari, assessore all’agricoltura del comune di Manduria a cui è riconducibile l’azienda produttrice. Già poche ore dopo la diffusione della notizia, infatti, l’opposizione della giunta guidata dal sindaco Gregorio Pecoraro, aveva adombrato l’ipotesi del conflitto di interessi per il legame tra l’iniziativa dell’ente pubblico e il ruolo del suo assessore. Una bufera che non sembra destinata a chiudersi in fretta.

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