La notizia

Ginosa, la centrale idroelettrica e i mali della burocrazia

Massimiliano Scagliarini

Il Tribunale delle acque condanna la Provincia a rinnovare la concessione. «Il sito non consentiva di presentare la domanda»

GINOSA - Il rinnovo della concessione per la centrale idroelettrica di Ginosa non è stato disposto perché il sito (della Regione) da cui si presentano le richieste non prevede tra le varie causali gli impianti elettrici alimentati da un salto idrico. Giustamente, chi mai penserebbe che in Puglia esiste una centrale idroelettrica? E così, alla società romana che gestisce l’impianto «Sinni T5», comprato anni fa dall’Ente irrigazione, è stata rilasciata dalla Provincia di Taranto una concessione di prelievo: buona, ad esempio, per imbottigliare acqua minerale.

L’impianto da 870 kW si trova nel tratto pugliese dell’acquedotto del Sinni, la grande condotta che arriva dalla Basilicata. Realizzato nel 1995 dall’Ente irrigazione, ha funzionato fino al 2002 ed è poi stato riattivato una quindicina di anni fa con l’intervento della società romana (cui fanno capo altri progetti in Basilicata e Calabria) all’epoca partecipata dallo stesso Eipli e oggi rilevata dal fondo Ardian.

Una incredibile storia di malaburocrazia cui nei giorni scorsi ha messo riparo il Tribunale superiore delle acque pubbliche (in cui siedono giudici di Cassazione, Consiglio di Stato ed esperti), accogliendo il ricorso presentato dalla Sim con l’avvocato Bartolo Cozzoli. La società (che ora fa capo a un fondo di investimento francese) ha ereditato la concessione trentennale ex Eipli, chiedendone il rinnovo già a febbraio 2023. Ne è nato un ping pong tra Regione e Provincia, con la prima che invita a rivolgersi alla seconda, e la seconda che chiede di non mandare Pec ma di utilizzare il portale predisposto dalla prima.

Solo che, appunto, sul sito regionale per le istanze di concessione non esiste la causale «impianto idroelettrico», così come riconosciuto pure dal funzionario responsabile della procedura. E così la Provincia di Taranto ha rilasciato sì il rinnov di una autorizzazione, ma relativa all’attingimento di acqua a uso irriguo dalla condotta del Sinni. E così, a giugno 2023, la società ha fatto presente l’errore chiedendo alla Provincia di provvedere. L’ente ha annullato la concessione sbagliata, ma non ha rilasciato quella giusta. E la vicenda è passata al Tribunale.

La «giustificazione» addotta dalla Provincia, «ossia il mancato deposito telematico delle istanze di rinnovo», secondo il Tsap «non vale a giustificare o scriminare la condotta inerte dell’amministrazione, la quale - ove avesse ritenuto che il mancato deposito telematico costituisse un fatto preclusivo per la definizione del procedimento - avrebbe dovuto tradurre tale determinazione in un provvedimento di rifiuto delle domande di rinnovo, non limitandosi alla sola sollecitazione, rivolta alla Sim, di adeguarsi agli obblighi introdotti con la deliberazione della giunta regionale» che ha imposto di utilizzare il portale. Nulla dicono, i giudici, sul pasticcio della concessione per il prelievo idrico rilasciato per errore. Tuttavia la sentenza ha ordinato alla Provincia di provvedere entro 30 giorni, con nomina di commissario ad acta: se il rinnovo non dovesse arrivare nei termini, dovrà occuparsene il prefetto di Taranto. 

Privacy Policy Cookie Policy