i nodi del siderurgico
Ex Ilva Taranto, i sindacati: «Ci autoconvocheremo a Palazzo Chigi»
"Tempo scaduto, il degrado degli stabilimenti è insostenibile"
TARANTO - «Fim Fiom Uilm, in assenza di una risposta della Presidenza del Consiglio dei ministri alla richiesta d’incontro inviata il 5 febbraio, si autoconvocheranno a Palazzo Chigi, per un confronto urgente e necessario a garantire la continuità produttiva e occupazionale di Acciaierie d’Italia». Lo annunciano i sindacati in una nota congiunta dove spiegano che «il tempo è ormai scaduto, il degrado degli stabilimenti è insostenibile.
«Da giorni sembrerebbe essere in atto una trattativa segreta tra i soci di Acciaierie d’Italia alla ricerca di una soluzione condivisa per il cambio di gestione, in assenza di confronto con le organizzazioni sindacali. È inaccettabile che dopo due decreti voluti dal governo per estromettere Mittal, attraverso l’attivazione dell’amministrazione straordinaria, la situazione e il futuro dell’ex Ilva rimangano nella totale incertezza», si legge nella nota congiunta dei sindacati.
«Fim Fiom Uilm denunciano ancora una volta la grave e preoccupante situazione in cui versano i siti produttivi dell’ex Ilva, con conseguenze drammatiche sull'indotto e sui 20mila lavoratori. In assenza di un intervento urgente saremmo alla fermata totale degli impianti. Noi non ci rassegniamo e chiediamo al governo azioni immediate e decisive: non accetteremo decisioni precostituite sul futuro. L’unico riferimento per noi resta l’accordo del 6 settembre 2018. Le lavoratrici ed i lavoratori hanno avuto grande senso di responsabilità: è ora che il governo si assuma le sue e tragga le dovute conseguenze», concludono.
Invitalia e Acerlor Mittal dialogano ancora. Le trattative per il futuro di Acciaierie d’Italia proseguono sul filo di lana. Ma di tempo, come avvertono sindacati e Confindustria, non ne è rimasto molto per salvaguardare lo stabilimento. Le parti stanno cercando di disegnare un meccanismo che consenta ad Arcelor Mittal di uscire da AdI senza che il governo debba ricorrere all’amministrazione straordinaria. Lo strumento del commissariamento è pronto e attivabile in qualsiasi momento, come ha ricordato il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ma lo scorrere dei giorni allarma i sindacati.
Fim, Fiom e Uilm hanno annunciato che in assenza di una risposta della presidenza del Consiglio alla richiesta d’incontro, inviata il 5 febbraio, si autoconvocheranno a Palazzo Chigi. «Il tempo è ormai scaduto, il degrado degli stabilimenti è insostenibile», scrivono le sigle in una nota congiunta, poi l’affondo: «Da giorni sembrerebbe essere in atto una trattativa segreta tra i soci di Acciaierie d’Italia alla ricerca di una soluzione condivisa per il cambio di gestione, in assenza di confronto con le organizzazioni sindacali. È inaccettabile che dopo due decreti voluti dal governo per estromettere Mittal, attraverso l’attivazione dell’amministrazione straordinaria, la situazione e il futuro dell’ex Ilva rimangano nella totale incertezza».
L’ipotesi del commissariamento resta la più concreta, date le mosse dell’esecutivo che ha varato due decreti con misure ad hoc per la procedura e interventi per salvaguardare le imprese dell’indotto. Entrambi i testi, che potrebbero fondersi in uno, sono all’esame della commissione Industria del Senato e l'obiettivo è procedere con un iter spedito per la conversione in legge. In quest’ambito si inserisce l’audizione dell’amministratrice delegata di Acciaierie d’Italia, Lucia Morselli, fissata per martedì 13 febbraio alle 14.30 a Palazzo Madama in commissione Industria.
La prospettiva del commissariamento spaventa non poco sindacati e aziende che a Taranto tornano a protestare. «Adesso basta, no al 2015 bis», è la scritta su uno striscione esposto da diversi imprenditori aderenti ad Aigi che, in mattinata, si sono incatenati davanti alla prefettura della città pugliese chiedendo tutele per i crediti vantati nei confronti della società siderurgica. Il riferimento al 2015 riguarda il commissariamento dell’Ilva quando andarono in fumo, ha ricordato Aigi, circa 150 milioni. Le ditte hanno deciso di rimuovere i presidi di protesta davanti alle portinerie della fabbrica, ma le attività restano sospese.
Della partita, che si gioca su più tavoli, fa parte anche un altro braccio di ferro tra AdI e Sace sui documenti e le informazioni riguardanti l’indotto. Il confronto, al momento, non si sarebbe ancora risolto, e Acciaierie - si apprende da fonti vicine al dossier - avrebbe sollevato dubbi applicativi per l’individuazione delle società da aiutare e per il rispetto dei necessari criteri di riservatezza aziendali. La società siderurgica avrebbe inoltre rilevato che il decreto indica grandi imprese in procedura di amministrazione straordinaria, uno strumento non ancora attivato per Acciaierie d’Italia. Un primo passaggio del confronto con Sace sarebbe avvenuto per via epistolare mentre un secondo, per via telematica, non avrebbe consentito di superare lo stallo.