Pedopornografia

L'orrore dei video di minori abusati, la rete criminale a Taranto

francesco casula

Oltre 1800 riprese filmate, il 33enne arrestato dai carabinieri resta in carcere

TARANTO - Il 33enne tarantino arrestato dai carabinieri «risulta stabilmente incardinato entro una strutturata rete di soggetti stabilmente dediti allo scambio e alla detenzione di materiale pedopornografico». È quanto scrive il gip Francesco Maccagnano nell’ordinanza con la quale ha convalidato l’arresto e confermato la sua detenzione in carcere. Nelle 10 pagine che compongono il provvedimento, si legge gli investigatori dell’Arma di Milano Magenta in collaborazione con i colleghi del Nucleo investigativo di Taranto hanno ritrovato sui dispositivi ben 1866 file video che ritraggono minori vittime di abusi sessuali:

«l'accumulo spropositato di materiale pedopornografico posto in essere verosimilmente da anni – scrive il gip Maccagnano – appare sintomatico di un incontrollabile bisogno». Ma quella quantità incredibile di materiale video è sintomatica anche di un altro elemento: la rete di pedopornografia che i carabinieri stanno provando a smantellare ha a Taranto un sito importante per lo smercio del materiale video e non solo. «L'odierno indagato – scrive infatti il giudice - risulta in contatto con soggetti che, oltre a detenere e diffondere il materiale» fanno «commettono - o quantomeno agevolano - gravissimi reati di violenza sessuale o di atti sessuali con minori».

Ed è anche per questo che il magistrato ha confermato la detenzione in cella per il 33enne: «la facilità con cui l'indagato potrebbe rimettersi in contatto con i soggetti facenti parte della predetta rete criminale e la tendenza apparentemente irrefrenabile e compulsiva a fruire di materiale pedopornografico sono elementi che impongono a questo giudice, quantomeno allo stato, di ritenere adeguata a soddisfare le esigenze cautelari soltanto la misura della custodia in carcere». Nelle nuove carte dell’inchiesta è giunta inoltre anche la conferma di quanto anticipato dalla Gazzetta: su quei telefoni non c’erano solo video, ma anche le foto della figlia minorenne di un uomo con cui il tarantino era in contatto e a a questi sarebbe stata offerta per prestazioni sessuali.

Come anticipato sono tre i telefoni sui quali sono state condotte le analisi e dai quali è emersa «un'ingente quantità di foto e video di carattere pedopornografico» che ritraggono minori tra i 4 e i 16 anni. L'inchiesta, infatti, è partita dall'arresto di un 32enne di Lodi: il provvedimento era arrivato a conclusione delle indagini avviate a seguito della denuncia di una donna sudamericana. Quest’ultima aveva dichiarato di essere stata contattata da un uomo che, per ottenere un incontro di natura sessuale a pagamento, le aveva inoltrato dei video pornografici ritraenti dei minori. I successivi accertamenti, coordinati dalla Procura della Repubblica di Milano, avevano consentito di risalire all’identità dell’uomo e l'esame dello smartphone del 32enne lodigiano, poi, ha consentito di ritrovare le chat di Telegram nelle quali l'uomo scambiava file pedopornografici con altri soggetti tra cui il 33enne di Taranto. E proprio dal tarantino il 32enne aveva ricevuto, tra il 19 e il 24 aprile, ben 29 file video e nella stessa conversazione era stato poi il lodigiano non solo a inviare al 33enne tarantino altri 27 file dello stesso tipo, ma ad avanzare la squallida offerta della figlia minorenne per prestazione sessuali. Le attività investigative dei carabinieri, hanno permesso inoltre di individuare altre conversazioni in cui era coinvolto il tarantino: tra maggio e giugno 2023, infatti, il tarantino avrebbe inviato a quest'altro presunto pedofilo 5 video dello stesso tipo e alcune altre immagini ricevendo in cambio materiale dello stesso tipo. A quel punto dell'indagine, i militari hanno compreso che Taranto poteva essere non solo la nuova chiave di volta per l'inchiesta: la procura di Milano ha così firmato il decreto di perquisizione e all'alba del 3 ottobre, i carabinieri si sono presentati alla porta dell'uomo, in un quartiere popolare del capoluogo e hanno notificato l'ordine di perquisire l'appartamento.

L'uomo, inizialmente ha negato di essere in possesso di materiale pedopornografico, ma poi ha spontaneamente consegnato i telefonini con i quali utilizzava i servizi di messaggistica criptata. L’esito delle perquisizioni ha confermato l’esistenza di questa sorta di “hub dell’orrore” in cui migliaia di video arrivavano e si diffondeva attraverso le chat dei social network Telegram e Mega. Ieri mattina, dinanzi al gip Maccagnano, l’uomo si è avvalso della facoltà di non rispondere. Dopo aver emesso il provvedimento, infine, il gip di Taranto ha stabilito che la vicenda debba passare ora al vaglio del gip di Lecce: i reati di pedopornografia, infatti, sono di competenza della Distrettuale antimafia che quindi nei prossimi giorni dovrà chiedere una nuova ordinanza di convalida che il giudice salentino dovrà emettere entro i successivi 20 giorni.

Privacy Policy Cookie Policy