Settimana Santa
Taranto, l’Addolorata in processione dal pendio di San Domenico: si rinnova la magia dei Riti
Alle 15 la prima posta dei perdoni in pellegrinaggio
TARANTO - La tradizione si rinnova oggi. Alle 15, dal portone del Carmine, la «prima posta» nazzicando comincerà il suo pellegrinaggio verso le chiese della Città vecchia o del Borgo e aprirà l’edizione 2023 dei Riti di Taranto. Al pellegrinaggio ai sepolcri, primo atto della Settimana Santa di Taranto, seguirà alla mezzanotte di oggi quello della Vergine Addolorata: il corteo prenderà il via da San Domenico e percorrerà le vie dell’isola, attraverserà il ponte girevole alle prime luci dell’alba per raggiungere l’istituto Maria Immacolata nell’omonima piazza. Dopo una pausa i confratelli dalla mozzetta nera percorreranno via D’aquino e torneranno sul ponte girevole per arrivare nel borgo antico e attraverso via Duomo fare rientro nella chiesa dopo circa 15 ore dall’avvio.
Due ore dopo, alle 17 di domani, prenderà invece il via la processione dei Misteri per un’edizione che porta con sé una ricorrenza importante per i confratelli del Carmine: il centesimo anno dell’arrivo nella chiesa tarantina del simulacro di Cristo all’orto, la prima portata in processione dai confratelli del Carmine durante il corteo del Venerdì Santo. Era il 1923, infatti, l’anno in cui i confratelli Pasquale e Angelo De Leonardis, rispettivamente padre e figlio, commissionarono la statua all’artista leccese Salvatore Sacquegna. A raccontarlo, come spesso è accaduto nella ricostruzione della storia dei riti, è stato Nicola Caputo che in diverse opere ha rivelato quanto avvenne in quegli anni.
Non era l’introduzione del primo mistero doloroso nella processione del Venerdì Santo, ma una sostituzione: una statua di Cristo all’orto, infatti, esisteva già. Di quel vecchio simulacro, però, a distanza di quasi un secolo resta il giallo: non ci sono foto né ricordi scritti. Nessuna testimonianza di qualcuno che l’abbia vista. Caputo ha documentato come quella vecchia statua di Cristo all’orto fu donata dal Carmine alla chiesa di san Francesco da Paola, la stessa in cui oggi la processione effettua la sosta per consentire ai confratelli di riposarsi: quando l’edificio situato in fondo a via Anfiteatro e dedicato al fondatore dei frati minimi fu interessato dai lavori di rifacimento della faccia, la vecchia statua di Gesù all’orto venne spostata in locale nel seminterrato, ma non fu una scelta felice. Quella sistemazione, evidentemente, peggiorò le condizioni già precarie in cui versava il simulacro. Un colpo di grazia, forse: pochi anni dopo, visto lo stato in si trovava, fu addirittura bruciata.
La nuova statua, invece, comparve per la prima volta agli occhi dei fedeli nella processione del 1924. Del nuovo Cristo all’orto, però, negli anni successivi le notizie si persero col passare degli anni e proprio Caputo attribuì l’opera al maestro Luigi Guacci: ma nell’osservare minuziosamente una fotografia del Cristo all’orto scattata prima del restauro del 1978, lo studioso tarantino individuò all’altezza del ginocchio destro una scritta «piccolissima e decisamente illeggibile» soprattutto per la qualità e le condizioni della foto. Uno studio seguente dello scrittore tarantino riportò alla luce la verità: «Salvatore Sacquegna – Fornitore Pontificio – Lecce». E se quel restauro del 1978 fu per molti discutibile - il colore del manto di Gesù cambiò passando dall’avana al celeste –, una soddisfazione unanime ha salutato il restauro del 2018. Furono Valerio Iaccarino e Giuseppe Zingaro a operare sulla statua che versava in una situazione ormai particolarmente precaria.