l’intervista
Mons. Santoro: «La politica è lontana dai giovani»
Parla l’arcivescovo di Taranto: nuove generazioni ed educazione grandi assenti dall’agenda elettorale
«Nei programmi elettorali ci sono due aspetti completamente ignorati: l’educazione e i giovani». È netto mons. Filippo Santoro, arcivescovo di Taranto, nell’evidenziare la frattura fra politica e future generazioni, un dato emerso anche nell’annuale Meeting di Comunione e liberazione appena concluso.
Il Meeting quest’anno si è trovato al centro della campagna elettorale e ha messo a confronto tutti i leader. È stata una circostanza utile?
«Si è notata maggiore partecipazione rispetto ai meeting pre Covid: 800mila persone presenti nel corso della settimana. Un’affluenza dovuta sia alla ripresa post pandemia sia alla qualità del tema: la passione per l’uomo. Il popolo del Meeting è stato interpellato sul protagonismo nella vita pubblica e sociale. Da questa passione non può mancare l’attenzione alla vita civica. Perciò è stato importante aver ascoltato i leader dei vari partiti, così come significativa è stata l’entusiastica accoglienza al presidente Draghi».
Il 25 settembre per la prima volta i diciottenni voteranno anche per il Senato. Lei segue e conosce i giovani, può dire quanto sono sensibili verso la politica?
«Ci sono due aspetti che la politica ignora: i giovani e l’educazione. Nel dibattito di questi giorni si parla di tutto, fuorché del tema educativo, cioè dell’educare alla vita, a essere protagonisti nella società confrontandosi con le questioni del nostro tempo come l’ambiente, il lavoro, i diritti umani, la pace. I giovani non sono visti dai partiti come interlocutori privilegiati, eppure alla Settimana sociale che abbiamo tenuto a Taranto in ottobre un terzo dei quasi mille partecipanti erano giovani. La mancanza di attenzione verso di loro e al tema educativo è una carenza grave della nostra politica. Oggi il dibattito si concentra sul gas, sulle bollette, sulla benzina, certo problemi gravi che condizionano la vita quotidiana. Ma la grande politica deve avere un orizzonte più vasto, capace di unire il bene della persona e il bene della società. I giovani quando si vedono trattati da protagonisti rispondono bene, come è accaduto nella Settimana sociale, dove hanno elaborato anche un Manifesto su un tema delicato e importante come l’alleanza intergenerazionale».
Il Meeting di Comunione e liberazione ripropone in forma indiretta anche la questione dei cattolici e della loro rilevanza in politica…
«Il mondo cattolico è sempre meno un blocco granitico, ma guarda a una varietà di opzioni: chi sottolinea i temi della vita, della famiglia, della dignità della persona, chi sottolinea i temi dell’ambiente e della società. Il problema è che non c’è un partito che tenga tutto insieme, per cui si deve scegliere chi più si avvicina alle proprie idee. Un tempo c’era la Dc e c’era la grande disputa politica con il Pci e con i laici. Adesso c’è una frammentazione di proposte che chiede discernimento, però qualche segnale forte bisogna darlo, altrimenti potrebbe dominare l’astensionismo».
La delusione politica ha un peso nella ripresa di una spiritualità come quella proposta da Comunione e Liberazione con i Memores Domini?
«L’Associazione Memores Domini riunisce i laici di Cl che dedicano la vita a Cristo nell’esperienza che la Chiesa chiama “verginità”. Non sono consacrati con i voti, sono laici nel mondo. Il solo battesimo – ha detto don Giussani – abilita a essere protagonista nella vita quotidiana. Ho accolto 52 nuove “professioni” di giovani, di ragazzi e ragazze in carriera. Vogliono avere una vita piena, dedicata a Cristo e alla chiesa, lavorando per gli altri, in missione in Africa, in America Latina ma anche in Italia con gli ammalati, nelle case famiglia nella varie opere sociali fondate sulla solidarietà e sussidiarietà. Il fenomeno dei Memores Domini è un aspetto particolare all’interno di Cl in cui la vita è percepita come un cammino verso la pienezza nel rapporto con il Signore e nella testimonianza ai fratelli: la vocazione è vissuta come vita donata, come vita che si spalanca al mistero e al bisogno dell’altro in questi tempi di individualismo».
Lei adesso avrà un ruolo importante per queste persone…
«Il Papa mi ha chiesto di seguire come Delegato Speciale i Memores Domini. Un incarico che non mi aspettavo perché a Taranto già il lavoro è intenso, grande, interessante. C’è una situazione ambientale e sociale complessa che ripropone la questione della dignità della salute, della vita, del lavoro e dei giovani che sono costretti a emigrare. Tematiche grandi che mi assorbono, ma il Papa ha detto: “Insieme al resto fai anche questo”. È comunque bello perché non è distraente da Taranto, ma è un affondo ulteriore sul tema della vocazione e della presenza nella società».
Come spiega le voci ricorrenti sulle dimissioni di Francesco?
«La ricorrenza delle voci è data forse dal fatto che all’inizio aveva lasciato intravvedere un papato breve e invece sono quasi 10 anni che è sul soglio di Pietro. Ma il Papa deve sviluppare il suo progetto sulla Chiesa e lo sta mettendo in atto attraverso la riforma della Curia. Avete sentito l’intervento per la creazione dei nuovi 20 cardinali? Ha parlato del fuoco, di un fuoco ardente e mite allo stesso tempo: nella società dobbiamo portare il fuoco dell’amore di Cristo, della dignità, della vicinanza alla gente, ai più poveri. L’amore del Signore, si traduce in gesti concreti. E poi l’impegno per la pace, che vede il Papa come protagonista. Vuole portare avanti un piano preciso. Imparassimo tutti dalla sua passione che interviene con una parola, che risveglia la responsabilità personale, sociale e ambientale: ne avremmo tutti da guadagnare, anche in vista delle prossime elezioni».