L'intervista
«Ora grandi eventi per la bici»: parla Calabrese, nuovo presidente Federciclismo Puglia
Nel 2020 società affiliate in aumento. Le donne emergono
Un fazzoletto di tre voti (48 a 45) è bastato a stendergli il tappeto rosso. Giuseppe Calabrese, 50 anni, infermiere professionale in servizio nella rete del 118 della Asl Bari, barese di Modugno, sposato, due figli, è il nuovo presidente della Fci (Federazione ciclismo italiano) di Puglia. Che vanta tremila e seicento praticanti.
In realtà Calabrese governava già il ciclismo regionale, ma da poco più di un anno. Pochino per vincere a mani basse. Calabrese aveva preso il timone in corsa dopo le dimissioni dell’ex presidente Oronzo Simeone, giudice internazionale, in rotta di collisione con i burocrati regionali e nazionali. Era nello staff dei tecnici del ciclismo sustrada e molte società lo hanno prima convinto a candidarsi all’interregno e poi votato: ha vinto facile, nel 2019, anche perché si trattava di unmandato a breve termine. Tutta un’altra storia l’elezione conclusa lo scorso fine settimana.
Calabrese, lo ammetta: la vittoria d’un soffio è un trionfo spuntato. O no?
«No, visto che ho dovuto misurarmi con Tommaso Depalma, sindaco di Giovinazzo dal 1993, uno molto attivo e da anni in politica, inserito in una rete di contatti istituzionali molto ampia e che si è spesa per lui. Io sono il frutto di una vittoria dal basso»
Che cosa riconosce al suo avversario?
«È stata sua l’idea dei Campionati italiani di ciclocross a Lecce, dall’8 al 10 gennaio. Anche se...»
Anche se?
«Ho dovuto dare io l’impulso finale necessario. Ma una cosa deve essere chiara: se Depalma volesse collaborare, troverò la porta spalancata»
Porte aperte per fare cosa?
«Il cambiamento non lo si ottiene dal giorno alla notte ma, ma con una squadra e in una “gara a tappe”, Il quadriennio prossimo si svilupperà attraverso quindici aree tematiche. E tra queste, scuole di ciclismo, sviluppo attività femminile, maggiori competizioni agonistiche, formazione di giudici di gara, direttori di corsa, guide cicloturistiche».
Nessun «prof» nel ciclismo su strada, il Giro d’Italia è orfano di pugliesi. Per quanto ancora?
«Se non esistono talenti emergenti è anche perché alcune scelte societarie che ritengo non esatte ma che rispetto, sono state ridimensionate. Ma partendo proprio dalla base, con diversi ragazzi si può svolgere un buon lavoro, con una programmazione che viaggi in parallelo con quella della società d’appartenenza. Ma un nome vorrei farlo, viene dal settore femminile che intendo sviluppare e in cui credo molto: Agelica Brucoli, esordiente, dell’ Avis Ruvo».
Pochi gli eventi di cartello. Senza «seduzioni», costruire campioni è più faticoso, non trova?
«Ha ragione. Vede, bisogna dare una sterzata alla mentalità. Ognuno si ostina a organizzare a casa sua, guardando solo al proprio orticello. Bisogna investire nella formazione di dirigenti e tecnici per far cambiare questa mentalità».
Gli altri comitati regionali pedalano anche su turismo e lavoro. Nascono talenti anche come meccanici specializzati, guide, costruttori. E lei?
«So bene che la bici va vissuta a 360º e il bike economy è nel nostro mirino. Con il settore turistico regionale sono già avviati contatti e progetti. Anche con i Comuni, per incentivare l’uso della bici nei piani di mobilità»
Di cosa va più fiero di quel che ha fatto fin qui?
«Del fatto che nel 2020, anno di pandemia, la Puglia è stata insieme all’Umbria, la regione che ha incrementato il numero delle società affiliate. Siamo passati da 101 a 103. E guardi che due un più sono un miracolo, di questi tempi».