Punti di vista
Saggezza popolare, l’acqua cambia forma nella Città dei Sassi
A Matera la goccia di Kenjiro Azuma è ormai paesaggio culturale della città, è simbolo di vita, fluidità e rigenerazione
Pesante, statica e dalle sembianze belliche, la goccia, a metà strada tra opera d’arte contemporanea e ingombrante oggetto di design, passando in piazza Ridola, rapisce lo sguardo e interrompe la vista del panorama più intastagrammabile della città che si sdraia all’orizzonte. Mu 765 G è il suo nome ed è la variazione sul tema della goccia realizzata d Kenjiro Azuma, artista di origine giapponese più volte ospite di Matera, città dall’anima acquatica e rocciosa.
Con i suoi solchi impressi nel bronzo si erge dinanzi al portale seicentesco della Chiesa del Carmine generando nel tempo sussulti e polemiche sullo squilibrio architettonico, sulla dislocazione del pensiero, sulla distrazione percettiva che provoca con il suo collocamento. Abbracciata da grandi e piccini, disegnata, scolpita e riprodotta in mille modi e con tanti materiali diversi, la nostra goccia, tuttavia è parte del paesaggio culturale della città, è simbolo di vita, fluidità e rigenerazione. Con la sua forma ricorda l’acqua che cade, la terra fertilizzata, i frutti che nascono, il vapore che si fa nuvola e torna a farsi pioggia.
Oggi, protagonista delle cronache mondiali con il suo portato metaforico, la goccia ci ricorda quanto è brava a scavare la pietra. Dunque non è vero che la pietra resta pietra e la goccia è solo acqua. Noi abitanti culturali della città di acqua e Sassi sappiamo bene che la goccia scava la pietra ed è doveroso dissentire con il post scriptum che nella settimana appena terminata ha riempito con caratteri cubitali le cronache politiche e culturali di mezzo mondo.
Evocativo, potente e giusto, invece, il proverbio latino Gutta Cavat Lapidem è frutto della saggezza popolare perché la goccia vince sempre sul sasso. L’acqua infatti non è solo acqua. Cambia forma e scorre, trova sentieri segreti, si infila e si infiltra in meandri, varchi, fessure, pertugi, crea canyon, buchi e vuoti. Morbida e fragile, il suo modo di opporsi a ciò che è rigido e duro è unico. L’acqua non aspetta mai, però è paziente e nulla le si può opporre. Che poi, a dirla tutta, meglio essere acqua che pietra, scorrere senza ripetersi, senza portare veleno, anziché esprimere posture rigide, rocciose che al giorno si sgretolano come neve al sole, sbriciolando certezze e sicurezze nel nostro mondo liquido che scorre e muta in maniera permanente. Infatti, alla fine, basta una goccia a far traboccare il vaso.