Punti di vista

Tai-chi e paesaggi umani nel parco Coni

Luisa Ruggio

Tre anni dopo, con l’emergenza alle spalle, mite appare, ancora, il sorriso di una Maestra silenziosa

Una donna si muove lentamente tra gli alberi. La luce del mattino autunnale è un metronomo, scandisce un tempo che è fatto del colore verde e del profumo di questi pini abitati dalle gazze ladre che anche in pieno lockdown non smisero mai di praticare gentilezza eseguendo i loro concerti per chiunque nel parco Coni, uno dei polmoni verdi della città. Quella donna si chiama Lenia Gadaleta, è stata un’attrice teatrale prima di aprirsi al Qi-Gong (un mondo che non le ho mai chiesto come sia entrato nella sua vita, poiché questa non è un’intervista, ma soltanto l’omaggio a una suggestione inattesa che la complessità del reale un giorno mi ha concesso e che suscita in questo novembre del presente tutta la mia gratitudine per avermi permesso di ritrovare il canale di accesso alle lacrime sul filo di una muraglia invisibile tra il Prima e il Dopo il Covid, uno spartiacque emotivo in cui ognuno di noi è stato chiamato a una resistenza interiore).

Mi apparve nella foschia dorata del mattino avvolta dai suoi stessi gesti e dall’insolita spada di legno che muoveva come a tagliare l’aria nel confronto con un avversario invisibile. Ho imparato che lei non ama la parola avversario, preferisce dire “opponente”, ho imparato che nelle nostre braccia come nelle sue può scorrere acqua, possiamo continuare a scorrere dal centro e riportare tutto a casa, nel cuore. Ne rimasi incantata, al punto che durante una conversazione con un’amica che quel giorno mi accompagnava a fare una passeggiata per lo spensieramento quotidiano che la pandemia richiedeva, ne fui letteralmente rapita e non smisi più di seguire l’alfabeto antico al quale tutto il suo spirito e il suo corpo faceva ricorso meditando, un passo alla volta, riscoprendo come fanno i bambini quando si sollevano per la prima volta e provano a verificare il verbo camminare. Pensai: Tai-chi.

Non era la prima volta che mi capitava di guardare qualcuno praticare quest’arte marziale, ma ero lontanissima da queste nostre latitudini e non mi aspettavo di ritrovare a Lecce, come a Milano e a New York, decenni dopo, quello stesso paesaggio che si apre come un varco in fondo allo sguardo di un essere umano sconosciuto nelle forme che questa disciplina implica senza mai scomodare la violenza. Tre anni dopo, con l’emergenza alle spalle, mite mi appare, ancora, il sorriso di questa Maestra silenziosa che non si compiace mentre i suoi allievi vanno e vengono o rispondono a quel precetto: Quando l’allievo è pronto, il Maestro compare. Se vi capita di fare una passeggiata nel parco, chissà, potreste anche voi incrociare una donna con la spada.

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