Per rancori con il vicino Filmati mentre sparano arrestati padre e figlio
FOGGIA - Filmati mentre sparano, con il padre che esplode le prime due fucilate e il figlio che quasi toglie l’arma al genitore e insieme a lui fa fuoco una terza volta contro casa dell’odiato vicino. Sono le telecamere piazzate dalla squadra mobile davanti alle palazzine di via Obertj 9 e 11, dopo un avvertimento analogo avvenuto il 26 febbraio, ad incastrare Angelo Placentino, pensionato foggiano di 61 anni e il figlio Valentino di 25 anni, per la sparatoria avvenuta venerdì mattina contro l’abitazione di Carlo Rendine, cinquantenne foggiano rimasto illeso, come la madre Antonietta Di Ieso di 86 anni.
Padre e figlio sono stati arrestati (per fermare il genitore nella tarda serata di venerdì in via Monfalcone davanti ad un bar i poliziotti hanno anche sparato in aria, come riferiamo a parte ndr) per tentato omicidio di Rendine, porto e detenzione illegale di un fucile a canne mozze che Angelo Placentino ha fatto ritrovare dopo l’arresto: l’aveva nascosto in un podere abbandonato al «Salice vecchio», dove si sia procurato l’arma il pensionato non l’ha detto. I due indagati nelle prossime ore compariranno davanti al gip, l’indagine è coordinata dal pm Luciana Silvestris.
Rancori tra vcini, cominciati nel ‘97 e acuitisi negli ultimi mesi con una serie di attentati subiti dai Placentino, all’origine della sparatoria di venerdì mattina: Placentino abita con moglie e figli al primo piano della palazzina di tre piani al civico 11 di via Obertj; Rendine vive con la madre al piano rialzato della palazzina gemella al civico 9, a 10 metri dal presunto «rivale».
I dettagli dell’operazione, condotta dagli agenti delle sezioni omicidi e criminalità organizzata della squadra mobile, sono stati resi noti in conferenza stampa dal dirigente della squadra mobile Alfredo Fabbrocini, affiancato dal vicedirigente Michele Pucci.
«I rancori tra Angelo Placentino e Claudio Rendine risalgono al ‘97 e sono legati a motivi futili» ha detto il vice questore aggiunto Fabbrocini.
«Tutto cominciò perchè 14 anni fa Placentino riprese alcuni ragazzini che citofonarono a casa sua, Rendine abbe qualcosa da ridire e da allora si sono susseguite liti e querele.
Nel luglio 2010 Rendine denunciò d’essere stato picchiato con un tubo di ferro da Placentino. Il 22 gennaio scorso tre colpi di pistola furono esplosi contro il garage di casa Placentino; il 26 febbraio, poi, sempre Placentino trovò davanti casa una testa di suino e poco dopo fu esplosa una pistolettata contro la sua abitazione che rischiò di colpire la moglie. Placentino sospettava pere entrambi gli episodi Rendine, che fu da noi controllato il 26 febbraio, senza però che siano emersi riscontri oggettivi nei suoi confronti».
Quanto successo l’altra mattina, con le tre fucilate contro casa di Rendine, sarebbe quindi la vendetta di Placentino per gli avvertimenti subiti nei mesi precedenti.
«Angelo Placentino ci ha detto» ha aggiunto Fabbrocini «d’essere seccato perchè nella giornata di giovedì i figli nel rincasare gli avevano detto che Rendine li aveva guardati con insistenza».
Dopo il duplice avvertimento del 26 febbraio, «d’intesa con la Procura avevamo piazzato microtelecamere che filmavano lo spiazzo antistante le due abitazioni, perchè era logico presumere che potesse succedere qualcosa. E venerdì mattina ci è mancato poco che ci scappasse il morto, per questo abbiamo arrestato padre e figlio per tentato omicidio. Le fucilate» ha aggiunto il capo della squadra mobile «sono state esplose contro la finestra della stanza dove Rendine dormiva: in quel momento era a letto ed è rimasto illeso. La madre si stava vestendo nella stanza accanto, era in piedi e se una fucilata fosse stata indirizzata anche contro quella finestra la signora Di Ieso sarebbe stata colpita».
Il filmato delle telecamere, diffuso dagli investigatori, parla chiaro: dura poco meno di un minuto. «C’è Angelo Placentino che esce di casa» il commento degli investigatori «e con un fucile a canne mozze spara due volte contro la finestra di Rendine; il figlio Valentino a sua volta prende l’arma dal padre, s’avvicina e insieme al genitore spara una terza volta contro il portone. Poi i due si allontanano con la loro “Alfa 156”: prima di salire in macchina uno dei due raccoglie qualcosa, forse una cartuccia persa».
Mentre padre e figlio sparano si vede un automobilista impaurito che nello spiazzale fa manovra e scappa: le indagini proseguono per rintracciarlo e interrogarlo come testimone.
Padre e figlio sono stati arrestati (per fermare il genitore nella tarda serata di venerdì in via Monfalcone davanti ad un bar i poliziotti hanno anche sparato in aria, come riferiamo a parte ndr) per tentato omicidio di Rendine, porto e detenzione illegale di un fucile a canne mozze che Angelo Placentino ha fatto ritrovare dopo l’arresto: l’aveva nascosto in un podere abbandonato al «Salice vecchio», dove si sia procurato l’arma il pensionato non l’ha detto. I due indagati nelle prossime ore compariranno davanti al gip, l’indagine è coordinata dal pm Luciana Silvestris.
Rancori tra vcini, cominciati nel ‘97 e acuitisi negli ultimi mesi con una serie di attentati subiti dai Placentino, all’origine della sparatoria di venerdì mattina: Placentino abita con moglie e figli al primo piano della palazzina di tre piani al civico 11 di via Obertj; Rendine vive con la madre al piano rialzato della palazzina gemella al civico 9, a 10 metri dal presunto «rivale».
I dettagli dell’operazione, condotta dagli agenti delle sezioni omicidi e criminalità organizzata della squadra mobile, sono stati resi noti in conferenza stampa dal dirigente della squadra mobile Alfredo Fabbrocini, affiancato dal vicedirigente Michele Pucci.
«I rancori tra Angelo Placentino e Claudio Rendine risalgono al ‘97 e sono legati a motivi futili» ha detto il vice questore aggiunto Fabbrocini.
«Tutto cominciò perchè 14 anni fa Placentino riprese alcuni ragazzini che citofonarono a casa sua, Rendine abbe qualcosa da ridire e da allora si sono susseguite liti e querele.
Nel luglio 2010 Rendine denunciò d’essere stato picchiato con un tubo di ferro da Placentino. Il 22 gennaio scorso tre colpi di pistola furono esplosi contro il garage di casa Placentino; il 26 febbraio, poi, sempre Placentino trovò davanti casa una testa di suino e poco dopo fu esplosa una pistolettata contro la sua abitazione che rischiò di colpire la moglie. Placentino sospettava pere entrambi gli episodi Rendine, che fu da noi controllato il 26 febbraio, senza però che siano emersi riscontri oggettivi nei suoi confronti».
Quanto successo l’altra mattina, con le tre fucilate contro casa di Rendine, sarebbe quindi la vendetta di Placentino per gli avvertimenti subiti nei mesi precedenti.
«Angelo Placentino ci ha detto» ha aggiunto Fabbrocini «d’essere seccato perchè nella giornata di giovedì i figli nel rincasare gli avevano detto che Rendine li aveva guardati con insistenza».
Dopo il duplice avvertimento del 26 febbraio, «d’intesa con la Procura avevamo piazzato microtelecamere che filmavano lo spiazzo antistante le due abitazioni, perchè era logico presumere che potesse succedere qualcosa. E venerdì mattina ci è mancato poco che ci scappasse il morto, per questo abbiamo arrestato padre e figlio per tentato omicidio. Le fucilate» ha aggiunto il capo della squadra mobile «sono state esplose contro la finestra della stanza dove Rendine dormiva: in quel momento era a letto ed è rimasto illeso. La madre si stava vestendo nella stanza accanto, era in piedi e se una fucilata fosse stata indirizzata anche contro quella finestra la signora Di Ieso sarebbe stata colpita».
Il filmato delle telecamere, diffuso dagli investigatori, parla chiaro: dura poco meno di un minuto. «C’è Angelo Placentino che esce di casa» il commento degli investigatori «e con un fucile a canne mozze spara due volte contro la finestra di Rendine; il figlio Valentino a sua volta prende l’arma dal padre, s’avvicina e insieme al genitore spara una terza volta contro il portone. Poi i due si allontanano con la loro “Alfa 156”: prima di salire in macchina uno dei due raccoglie qualcosa, forse una cartuccia persa».
Mentre padre e figlio sparano si vede un automobilista impaurito che nello spiazzale fa manovra e scappa: le indagini proseguono per rintracciarlo e interrogarlo come testimone.