l'inchiesta
Puglia, i pasticci della Film Commission: niente controlli sui contributi, il concorso sartoriale per assumere impiegati
Dopo il caso della segretaria della commissione che possiede una quota di una società di produzione (finanziata con fondi europei). La procedura era ritenuta «ad alto rischio di corruzione», ma nessuno ha rilevato il conflitto di interessi
BARI - Il piano anticorruzione della Apulia Film Commission ha mappato la gestione del Film Fund tra le attività ad alto rischio. Il motivo è ovvio: da un lato la «presenza di interessi economici rilevanti e di benefici con effetto economico per i destinatari del processo». Dall’altro un «processo decisionale altamente discrezionale» nell’assegnazione dei contributi europei alle produzioni cinematografiche. Eppure la fondazione, di cui la Regione è socio principale, ha omesso qualunque verifica sui conflitti di interesse.
Il caso, raccontato ieri dalla «Gazzetta», riguarda la segretaria della commissione che ha valutato le 121 domande presentate per l’assegnazione dei 13 milioni di fondi europei assegnati al Film Fund, Martina Lovascio: risulta socia al 15% in una società di produzione, Disparte srl, che è entrata nella graduatoria dei progetti finanziabili con 315mila euro. Un caso che nel (piccolo) mondo del cinema pugliese era già noto praticamente a tutti, eppure non è stato rilevato nonostante la dottoressa Lovascio abbia segnalato nel curriculum il suo precedente ruolo operativo nella società Disparte.
I meccanismi anticorruzione previsti dalla legge sono una cosa seria, a patto che non restino sulla carta. Anche perché pure il codice degli appalti è piuttosto stringente: il conflitto di interessi si verifica quando un soggetto che «a qualsiasi titolo» interviene «con compiti funzionali» nella procedura ha «direttamente o indirettamente un interesse finanziario, economico o altro interesse personale che può essere percepito come una minaccia alla sua imparzialità». Rispetto a questo «le stazioni appaltanti adottano misure adeguate per individuare, prevenire e risolvere in modo efficace ogni ipotesi di conflitto di interesse». Perché in caso contrario gli atti rischiano di essere nulli.
Il problema è estremamente serio, visto che si parla di fondi pubblici gestiti da una fondazione che ha tra i suoi soci la Regione e i Comuni e che era stata commissariata proprio per risolvere una serie di problemi gestionali.
Tra questi ci sono, probabilmente, anche le procedure di selezione del personale. A maggio 2021 Afc ha pubblicato un bando per l’assunzione a tempo indeterminato di un impiegato «con funzioni amministrative e/o tecniche», che doveva occuparsi di contabilità, bilanci e fatture: un ruolo per il quale era stato ritenuto sufficiente il diploma (tutti gli altri concorsi di Afc chiedono la laurea) e che calzava a pennello rispetto alla figura di un collaboratore storico di Afc, Nicola Salinaro. A fronte di 19 candidati ammessi alla prova scritta, quelli ammessi all’orale diventano otto e gli idonei scendono a sei. Per pura coincidenza, i primi quattro della graduatoria sono tutti collaboratori storici di Afc: il vincitore del concorso è Salinaro, seguito da altri tre che poi a partire da novembre 2021 verranno tutti assunti per scorrimento della graduatoria in quella che appare quindi come una stabilizzazione. La quarta e ultima della lista è la dottoressa Lovascio, assunta per occuparsi di contabilità e amministrazione (con la laurea in lettere) e poi assegnata alla gestione del Film Fund al pari di un altro stabilizzato.
Il tema dei conflitti di interesse fa molta presa in Regione, soprattutto di questi tempi. «Se la ricostruzione della “Gazzetta” fosse confermata - dice il consigliere Fabio Romito (Lega) - si aprirebbe un ennesimo spazio per discutere dell’utilizzo dei fondi destinati al cinema. Per questo chiamerò in audizione la presidente e il direttore generale di Afc».