L'operazione

Mafia, tentato omicidio e droga: 22 arresti in tutta la Puglia, blitz dei carabinieri

Sgominato il presunto clan facente capo a Gianluca Lamendola, di San Vito dei Normanni. Il gruppo aveva esteso i suoi affari anche a Fasano, Brindisi e nei capoluoghi di Lecce, Taranto, Foggia, Trani

In 22 in carcere per mafia, droga e tentato omicidio. I Carabinieri della Compagnia di San Vito dei Normanni, supportati da elicotteri e unità cinofile hanno eseguito gli arresti fra San Vito dei Normanni, Mesagne, Carovigno, San Pancrazio Salentino, Torre Santa Susanna e Fasano, e ancora a Brindisi, Lecce, Taranto, Foggia, Trani e nel comune barese di Corato.

L'operazione antimafia ha dato esecuzione all’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari presso  Tribunale di Lecce su richiesta della Direzione  Distrettuale Antimafia presso la Procura di Lecce nei confronti dei 22 soggetti, indagati, a vario titolo, per associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, tentato omicidio, detenzione e porto illegale di armi da fuoco e da guerra, violenza privata, lesioni personali, estorsione, ricettazione, danneggiamento seguito da incendio ed autoriciclaggio, tutti aggravati dal metodo mafioso, produzione, coltivazione, spaccio e detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti e violazione degli obblighi inerenti alla Sorveglianza Speciale di P.S. Solo uno è finito ai domiciliari, gli altri 21 sono già in carcere.

L’indagine trae origine dal tentato omicidio di un sorvegliato speciale, avvenuto la sera del 5 luglio del 2020 nel comune di Latiano. La vittima, per puro caso e grazie alla prontezza di riflessi, non venne ucciso dalla raffica di colpi calibro 9 esplosi, ma colpitosolo di striscio, trovando rifugio dietro le mura della propria abitazione.

L’attività investigativa proseguita sotto la direzione della Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce  sino al settembre 2022 attraverso intercettazioni di conversazioni e comunicazioni telefoniche, pedinamenti, osservazioni e ricognizioni aeree, ha consentito di acquisire numerosi elementi a carico dei presunti esecutori materiali e del mandante del tentato omicidio, maturato nell'ambito del controllo del territorio da parte del clan capeggiato da Gianluca Lamendola, nipote del mesagnese  Carlo Cantanna - già all’ergastolo per l’omicidio di Tommaso Marseglia avvenuto nel 2001 - al vertice di una frangia della Scu.

L’indagine avrebbe ricostruito l’ascesa criminale di Lamendola quale capo del clan mafioso, che si era imposto sul territorio a suon di pestaggi, sequestri di persona, agguati e tentati omicidi, «determinando - stando agli investigatori - una condizione di assoggettamento ed omertà dei cittadini, tanto che non risultano presentate denunce e ricorrendo a condotte estorsive ai danni di esercizi commerciali».

Una volta consolidata la posizione su San Vito dei Normanni, affidata ad uno dei suoi referenti, gli arrestati, a vario titolo,avrebbero ampliato gli interessi dell’organizzazione affiliando altri referenti, nel comune di Brindisi e in quello di Fasano, i cui capozona di quel momento «hanno dapprima tentato di opporsi - spiegano i carabinieri - per poi desistere sotto le violente azioni armate. Frizioni sarebbero nate anche con altre famiglie criminali, operanti nei territori di Mesagne, Torchiarolo (BR) e Squinzano (LE)».

L'organizzazione avrebbe fatto affari con il traffico di sostanze stupefacenti, core business del clan e, accumulando ingenti capitali poi redistribuiti alle famiglie dei detenuti. Il denaro sarebbe stato anche  interrato nei fondi adiacenti alla masseria di contrada Mascava, principale base operativa dell’associazione, situata in territorio di Brindisi ai confini con quello di Mesagne, San Vito dei Normanni e Carovigno.

La droga proveniva da Bari e Foggia a fiumi, raggiungendo quantitativi di oltre 50 fra cocaina, eroina, hashish e marijuana, successivamente, immessa, tramite i referenti di zona, sulle piazze di spaccio di San Vito dei Normanni, Brindisi, Carovigno, Fasano, San Pancrazio Salentino e Corato. Anche la droga, così come il denaro, veniva interrata a Contrada Mascava, grazie all'omertà dei proprietari dei terreni.  

E il denaro veniva reciclato in macchine attraverso concessionarie riconducibili ai membri del sodalizio o a chi stringeva affari di droga col gruppo. 

Cinque i tentativi di estorsione ad imprenditori locali del settore alimentare, della ristorazione e terziario, a cui era stato imposto un pizzo di circa 500 euro mensili in cambio di protezione; cinque quelle commesse su imprenditori che operavano nella compravendita delle auto o nel commercio di pellet, e di cittadini entrati in conflitto con gli interessi dell’organizzazione, per un totale di circa 19.000 euro. Le vittime avevano paura: nessuna di loro, infatti, ha denunciato i fatti. 

Il clan aveva le sue regole, e chi le trasgrediva veniva punito con il taglio della schiena, alla presenza di altri affiliati. In un caso, ad uno degli affiliati, responsabile di aver fatto violentare la compagna, è stato imposto l’isolamento all’interno di una delle basi dell’organizzazione, a Fasano.

Oltre ai 22 arrestati nell'inchiesta compaiono anche i nomi di 39 indagati.

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