L'intervista
«Un turno elettorale arrivato troppo presto, ma il nuovo Pd si è messo subito all’opera», parla De Santis
«Al primo turno abbiamo già vinto in 3 realtà. Confermarne 5 sarebbe buono. A Brindisi 5 anni fa il candidato di centrosinistra partiva dal 23% con lo stesso distacco di oggi eppure vinse»
Domenico De Santis, segretario regionale Pd: Brindisi è la sfida più importante delle otto in programma in questo secondo turno. Siete fiduciosi?
«In queste amministrative, prima del voto, il centrosinistra governava in 5 comuni; al primo turno abbiamo già vinto in 3 realtà. Confermarne 5 sarebbe buono. A Brindisi 5 anni fa il candidato di centrosinistra partiva dal 23% con lo stesso distacco di oggi eppure vinse, ribaltando i pronostici. Possiamo vincere. A Brindisi la partita non è semplicemente scegliere il sindaco, ma si decide il futuro della città. Da una parte c’è chi nega l’inquinamento e mette davanti a tutto il profitto mentre dall’altra ci siamo noi che vogliamo proiettare la città nel futuro. Brindisi deve essere protagonista di una rinascita che coniughi diritto al lavoro con diritto alla salute. Serve una svolta green al sistema produttivo, dobbiamo accogliere le aziende che vogliono investire nelle rinnovabili, nell’idrogeno ed in generale nell’economia circolare. Va valorizzato il ruolo strategico di porto e aeroporto. Fusco guarda al futuro, la destra volge lo sguardo al passato candidando una persona che era sindaco quando io avevo 10 anni, oggi ne ho 41».
Teme che a Valenzano, il sindaco uscente Giampaolo Romanazzi, possa essere messo in difficoltà dalla ritrovata intesa del centrodestra?
«Giampaolo ha governato bene, è stato un sindaco civico e ha portato a Valenzano 10 milioni di investimenti, l’ospedale e la Casa di Comunità che ora Fitto vuole togliere rimodulando il Pnrr. Votare per Morisco significa farsi scippare gli investimenti ottenuti. La destra si è riunita ma il candidato sindaco FdI ha rinnegato quell’accordo, litigano già oggi, figuriamoci se dovessero vincere cosa combinerebbero».
A proposito di alleanze, come sono i rapporti con il M5S e come commenta il caso Mola, dove Michele Daniele ha annunciato l’appoggio al centrodestra?
«È un rapporto proficuo, il prossimo anno proveremo a costruire alleanze ovunque partendo dai programmi. A Mola il candidato locale M5S è stato smentito dai vertici regionali. Giuseppe Colonna ha intercettato importanti investimenti a partire dal dragaggio del porto e l’accordo con Fincantieri».
E a Bisceglie cosa succederà?
«Il Pd e Vittorio Fata hanno fatto una scelta coerente, si sono schierati contro Spina. Davanti a qualche migliaio di biscegliesi, abbiamo spiegato il nostro sostegno ad Angarano, lo abbiamo fatto alla luce del sole con impegni sul programma. Abbiamo riunificato una storia».
Questo turno elettorale crede sia arrivato troppo presto per il nuovo Pd, appena uscito da una lunga fase congressuale?
«In effetti è così, infatti il merito delle vittorie del primo turno ricade in parte su chi ci ha preceduto. Non siamo riusciti a fare alleanze larghe in tutti comuni, da ora in poi sarà imprescindibile. In due località non ci siamo presentati, ma nonostante questo abbiamo conquistato 16 sindaci nei piccoli comuni e 3 nei grandi. Il lavoro da fare è tanto. A giugno convocheremo il tavolo regionale dei partiti dalla sinistra, M5S con le civiche. Nelle grandi città coinvolgeremo associazioni e movimenti locali. Dobbiamo partire dai programmi. Immagino entro l’estate discussioni pubbliche sui programmi attraverso percorsi partecipativi con associazioni, sindacati, forze datoriali, produttive e singoli cittadini. I nomi dei candidati verranno dopo. Dobbiamo proporre la nostra visione del mondo ai cittadini, partendo dai problemi, aumento delle bollette, mutui, mancanza di lavoro, tutela del creato, lotta ai cambiamenti climatici e dobbiamo costruire un programma che dica come si costruiscono città a misura di donne, bambini e diversamente abili. Questo sarà il nuovo Pd».