risorse
Fondi Ue, venti miliardi a rischio entro il 2023: la Puglia deve spendere ben 335 milioni
Riflettori accesi sulle risorse del Pnrr: l’aumento dei costi dei materiali rallenta molte opere pubbliche
La partita, con i bilanci nazionali risicati dalla lotta al caro-energia e dal sostegno alle imprese energivore, si gioca sull’investire al meglio il denaro in arrivo da Bruxelles. Ci sono, allo stato, 20 miliardi di Fondi europei a rischio: si tratta di risorse continentali che sono ossigeno per le casse italiane e che potrebbero sfumare nel nulla se non verranno spese entro il 2023. In questo quadro la Puglia dovrebbe ancora spendere ben 335 milioni di euro. È questo il quadro che emerge dall’elaborazione dell'ufficio studi della Cgia, che mette in guardia anche sui Fondi per il Pnrr dal momento che il caro-materiali ha frenato su alcuni fronti la realizzazione delle opere. Il totale è di 64,8 miliardi per il periodo 2014-2020.
A che fondi si riferisce l’approfondimento degli studiosi veneti? Ai Fondi europei di coesione: Fondo europeo di sviluppo regionale, Fondo sociale europeo, Programmi operativi nazionali e Programmi operativi regionali. Nell'analisi della Cgia viene messo in evidenza come «dei 64,8 miliardi di euro di Fondi europei di coesione messi a disposizione del nostro Paese nel periodo 2014-2020 (17 miliardi di co-finanziamento nazionale) la spesa complessiva certificata da Bruxelles al 31 dicembre scorso è stata di 35 miliardi, pari al 54% dell'ammontare totale che include anche la quota che noi italiani abbiamo dovuto sostenere». Quindi entro la fine dell'anno, «data di scadenza di attuazione di questo settennato, dobbiamo spendere i restanti 29,8 miliardi, pari al 46% della quota totale, di cui 10 sono di co-finanziamento nazionale». «Se non riusciremo a centrare questo obiettivo, la quota di Fondi Ue non utilizzati andrà persa - osserva la Cgia - è a rischio una buona parte dei 19,8 miliardi che Bruxelles ci ha messo a disposizione da almeno nove anni».
A Sud le regioni più sofferenti. Tornando ai dati relativi ai Fondi di coesione, al 31 dicembre scorso, dei 21,2 miliardi finanziati dall'Ue e gestiti dalle nostre Regioni nel settennio 2014-2020, 16,6 sono stati spesi e gli altri 4,6 dovranno esserlo entro quest'anno. Secondo la Cgia le amministrazioni regionali più in difficoltà sono quelle del Mezzogiorno. Entro la fine del 2023, pena la perdita delle risorse, la Puglia deve spendere altri 335 milioni, la Calabria 616 milioni, la Campania 1,27 miliardi e la Sicilia addirittura 1,45 miliardi. In buona sostanza, al 31 dicembre scorso, la percentuale di spesa realizzata sul totale da ricevere era solo del 65,5% in Calabria, del 65,7% in Campania e del 64% in Sicilia.
Secondo la Cgia, «scontiamo, innanzitutto, una grossa difficoltà di adattamento della nostra Pubblica amministrazione alle procedure imposte dall'Ue. Dopodiché, la nostra macchina pubblica presenta livelli di qualità dei servizi resi ai cittadini e alle imprese molto modesti e una efficienza che può contare ancora su ampi margini di miglioramento. Il personale, soprattutto dell'area tecnica, ha retribuzioni basse e, spesso, risulta, anche per questa ragione, poco motivato. Specificità che caratterizzano, in particolar modo, i dipendenti pubblici delle regioni e degli enti locali del Mezzogiorno». Ma - si mette in evidenza - dei 19,9 miliardi di euro di risorse europee che «dobbiamo mettere a terra entro la fine di quest'anno, 15,3 sono in capo allo Stato centrale (Progetti Pon, Fesr e Fse) e 4,6 alle regioni. Sarebbe sbagliato prendersela solo con le amministrazioni periferiche; la necessità di investire nel personale pubblico riguarda, purtroppo, tutti i livelli».