Giovedì il processo
Regione Puglia, stop all’appalto pulizie: «Lerario in conflitto di interessi»
Il Tar annulla la gara da 15 mln fatta nel 2021 dal dirigente arrestato. Da sette anni il servizio era affidato sempre alle stesse due imprese
BARI - Il dirigente che approva gli atti di indizione della gara d’appalto non può fare parte della commissione che la aggiudica. E dunque l’ex capo della Protezione civile pugliese, Mario Lerario, non avrebbe potuto aggiudicare la maxigara da 15 milioni per la pulizia degli uffici che nel marzo scorso - a quattro mesi dall’arresto di Lerario - la Regione ha annullato in autotutela. Lo ha stabilito il Tar di Bari (Terza sezione, presidente Ciliberti, estensore Dibello), che ha respinto il ricorso presentato dalle imprese La Pulisan e Accadueo.
La vicenda ha interesse, oltre che per l’enorme valore dell’appalto, anche perché Pulisan è coinvolta (seppur tangenzialmente) negli accertamenti della Procura di Bari sulle attività di Lerario. Secondo i giudici amministrativi «è infatti emersa chiaramente la situazione di incompatibilità in cui versava il Lerario», che ha assunto diverse decisioni illegittime. Intanto, quella di non aderire alla convenzione Consip. E poi di affidare i servizi di pulizia ed igiene ambientale «anche in situazioni di emergenza epidemiologica», quando cioè gli uffici erano stati svuotati e i dipendenti erano in smart working e dunque il costo del servizio avrebbe dovuto essere più basso del normale. E dunque, dicono i giudici, il problema non è solo che Lerario si autonominò presidente della commissione di gara.
L’annullamento in autotutela della gara è stato dunque ritenuto legittimo, così come sostenuto dalla stessa Regione (con gli avvocati Isabella Fornelli, Rossana Lanza e Claudia Pellicciari). Ora il servizio è affidato in proroga alle due imprese baresi, ma dopo la sentenza del Tar la Regione dovrebbe affidarsi a Consip. Eppure - nonostante l’annullamento in autotutela - aveva comunque deciso di prorogare ancora una volta l’affidamento alle due imprese baresi. Il Tar ha però stabilito che, a differenza di quello che sostenevano le due imprese, la gara non è mai stata aggiudicata prima dell’annullamento.
Pulisan ed Accadueo gestiscono il servizio di pulizia degli uffici ininterrottamente dal 2016, quando si erano aggiudicate una gara quadriennale da 5,8 milioni l’anno. Nel 2020, alla scadenza del contratto, Lerario (nella sua veste di dirigente dell’Economato) firmò una proroga di un anno, prima di bandire la nuova procedura cui hanno partecipato 45 ditte tra cui tutti i big del settore: eppure in quel momento esisteva già una convenzione Consip, che avrebbe consentito alla Regione di conseguire un risparmio non indifferente.
Lerario decise tuttavia di pubblicare un bando per un contratto da quattro anni (con opzione per il quinto) da 15,49 milioni di euro per i servizi di pulizia ed igiene ambientale di tutti gli uffici regionali. Due mesi prima di essere arrestato, Lerario ha poi predisposto la proposta di aggiudicazione a Pulisan-Accadueo che però non è mai stata perfezionata. A marzo 2022, dopo gli accertamenti scattati su tutti gli appalti, la Regione ha disposto la revoca in autotutela che le due imprese hanno impugnato.
Gli accertamenti della Procura di Bari (che non sembrerebbero al momento riguardare il bando delle pulizie) hanno riguardato anche Pulisan perché dal maggio 2020 a inizio 2022 la Protezione civile ha fatto 26 affidamenti alla ditta barese: dalle forniture dei «kit igienici», alle pulizie degli uffici della Protezione civile, dei covid hotel, della fabbrica di mascherine di Bari, dei servizi di facchinaggio, dello smaltimento di alcune categorie di rifiuti. Alcuni degli affidamenti, è emerso successivamente, erano privi di copertura finanziaria.
Giovedì intanto davanti al gup di Bari, Alfredo Ferraro, è prevista la discussione del processo con il rito abbreviato che riguarda Lerario e l’imprenditore Luca Leccese, di Foggia, entrambi accusati di corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio. Entrambi hanno sostanzialmente ammesso il pagamento di una tangente, a fronte di appalti che - dice la Procura di Bari - l’impresa ha ottenuto in mancanza di requisiti.