L'intervista
Appello di Gesmundo: «La riforma acuisce i divari, mobilitiamoci»
Domani l’assemblea promossa dalla Cgil: parla il segretario Cgil Puglia
Un appello e la proposta di un’assemblea pubblica, aperta a tutte le forze sociali, politiche e istituzionali della regione, per un confronto che conduca in poche settimane a una manifestazione regionale contro il progetto di autonomia differenziata approvato dal Consiglio dei Ministri. È la proposta che lancia il vasto fronte di associazioni, capeggiato dalla Cgil Puglia, che ha sottoscritto a gennaio un patto di consultazione e che vanta tra le altre Anpi, Arci, Libera, Avviso Pubblico, Rete della Conoscenza, Legacoop. L’appuntamento è per domani a Bari, nella sede regionale della Cgil in via Calace, a partire dalle 9.
«Il tema non è centralismo contro regionalismo e men che meno Sud contro Nord. La questione è come riusciamo a garantire un’unità sostanziale del Paese, che passa attraverso un’uguaglianza nell’esigibilità di diritti e servizi, a prescindere dalla regione in cui si viva. Un principio che la riforma approvata dal Consiglio dei Ministri rischia di affossare» spiega alla «Gazzetta» il segretario di Cgil Puglia, Pino Gesmundo.
Segretario, cosa risponde a chi afferma che quell’uguaglianza cui faceva riferimento non si è realizzata anche senza un regionalismo spinto?
«Siamo di fronte a una retorica subdola e pericolosa, che cela come gli intenti di quella riforma puntino a cristallizzare una condizione di fatto che porterebbe all’aumento dei divari territoriali, dal punto di vista economico e sociale. Un allarme condiviso da economisti, accademici, intellettuali, imprenditori, giornalisti, non solo del Sud. Così sgomberiamo il campo da un possibile leghismo meridionale. Se c’è qualcuno che ha davvero a cuore l’unità del Paese è chi si batte contro questa autonomia, non certo chi al Governo cita ogni tre per due la parola “nazione” nei suoi interventi».
Lei ha più volte ricordato come il processo che ha portato al progetto di riforma viene da lontano e portava la firma di forze politiche del centrosinistra. Le sembra una posizione strumentale quella assunta oggi proprio dal centrosinistra?
«Errori ne sono stati fatti, è evidente. Forse ci si è fidati di governatori che hanno più a cuore i propri territori che il Paese. Ma oggi opporsi è un dovere, quindi ben vengano le forze politiche che si battono contro questa autonomia. Come si può pensare di regionalizzare la scuola, le grandi reti infrastrutturali, le politiche energetiche o quelle ambientali, la sanità? In una fase in cui dobbiamo affrontare grandi transizioni, come si può pensare a venti programmi magari diversi e in contrapposizione? Servono, è evidente, politiche nazionali, indirizzi comuni, che sono altra roba da competenze circa l’attuazione. La priorità dovrebbe essere creare nuova occupazione, affrontare il tema della precarietà soprattutto per i giovani, la pandemia salariale, le povertà emergenti».
La Cgil afferma che già la riforma del Titolo V della Costituzione ha creato caos e prodotto a sua volta divari...
«A oltre venti anni da quella riforma siamo ancora qui a chiedere la definizione e il finanziamento dei Livelli essenziali di prestazione. Senza i quali, ad esempio, dopo la riforma del Titolo V - in assenza di criteri di qualità - si sono assegnate risorse ai Comuni sulla base di fabbisogni standard, definiti sulla spesa media degli enti. E siccome i Comuni del Sud hanno meno possibilità di spesa, negli anni sono stati riconosciuti fabbisogni bassi e quindi trasferimenti di risorse inferiori. Processo inverso è avvenuto nei territori più ricchi del Paese. Si traduce il tutto in minor possibilità di accesso a servizi che incidono sulla qualità della vita dei cittadini e delle imprese, e quindi rendono più attrattivo per investimenti un territorio. Questo comporta anche spopolamento con rischio desertificazione sociale, oltre a un aumento delle sacche di disagio. E invece un Sud che mette a valore le enormi potenzialità che ha, serve anche e soprattutto al Nord. Si cresce come Paese, o non si cresce».
Come dice anche la Banca d’Italia.
«Lo sviluppo del Sud è una priorità nazionale. Ma tutte le politiche europee sono improntate alla coesione, lo stesso Pnrr premia l’Italia in termini di risorse perché presenta divari tra regioni come nessun altro Paese. L’autonomia differenziata sarebbe la tomba dell’unitarietà dei diritti sociali e la cristallizzazione delle differenze esistenti. Dobbiamo spiegarlo bene ai cittadini in cosa si traduce questa riforma. Anche i rischi circa un superamento della centralità del Parlamento in un combinato di federalismo e presidenzialismo, di cui parla il Governo. Preoccupazioni diffuse, le adesioni per l’assemblea di domani crescono di ora in ora. In quella occasione decideremo la data in cui tenere una grande manifestazione».