L'evento
Digitale? Sì, ma consapevole: a Lecce arriva il DIGEAT Festival. L'ideatore Lisi: «L'uomo non si faccia manipolare dalla tecnologia»
L'appuntamento dal 27 al 29 novembre con focus, laboratori e incontri su cybersecurity, privacy, intelligenza artificiale. Spazio anche alle performance artistiche
Il digitale incontra il barocco, e da ombra luminosa che scorre sugli schermi diventa materia viva, interrogabile, quasi poetica. Dal 27 al 29 novembre arriva a Lecce il DIGEAT Festival, che trasformerà il capoluogo salentino nella capitale del pensiero digitale. Centocinquanta ospiti, 6 location (dal Convitto Palmieri al MUST passando per il Castello Carlo V), 25 panel, laboratori specialistici, mostre, performance e intrattenimento: uno sguardo diffuso sul futuro dove esperti di intelligenza artificiale, giuristi, creativi, innovatori e istituzioni si ritroveranno per risvegliare il senso e il gusto del digitale.
Avvocato Lisi, quale «smarrimento» digitale stiamo vivendo e in che modo il festival invita a recuperare consapevolezza?
«I Pink Floyd hanno trattato spesso il tema della spersonalizzazione, dell'alienazione dell'uomo, prefigurando scenari che stiamo vivendo oggi. La sensazione è che affidandoci all’intelligenza artificiale si possa fare a meno della nostra, quindi lo smarrimento della ragione può essere determinato dal fatto che non ci rendiamo conto che i sistemi non pensano al nostro posto, ma rimangono strumenti e devono essere saldamente nelle nostre mani. L’obiettivo del festival è un invito a recuperare il cervello naturale per vivere pienamente la digitalità con tutte le sue opportunità e i rischi, senza dimenticare le capacità creative tipiche dell’uomo».
La Regione Puglia ha sposato la kermesse: in che direzione sta andando il territorio?
«Mi sono ispirato al Festival dell’Economia di Trento, ho voluto replicare il senso di un evento che abbraccia i centri storici, animando anche palazzi sontuosi. Con la Regione abbiamo partecipato a un avviso di selezione e il nostro progetto è stato approvato: il territorio crede nello sviluppo e nella divulgazione, è attento alla digitalizzazione, alle tematiche dell’IA, e secondo me sta utilizzando anche molto bene i fondi PNRR, non solo per interventi tecnologici, ma anche per formare risorse umane consapevoli».
Quali sono le competenze su cui oggi devono puntare i professionisti del digitale, specie i più giovani?
«Noi anche con la rivista DIGEAT non inseguiamo mai le notizie, preferiamo consentire una riflessione matura, per ridurre al massimo gli errori cognitivi, che non sono tipici solo dell’IA. Mi piacerebbe che ci si concentrasse su una corretta divulgazione scientifica anche nelle materie di cybersecurity, data-protection. Non ci può più essere lo steccato tra le competenze scientifiche e quelle umanistiche, serve interdisciplinarietà pura, alleanze per gestire tutte le sfaccettature del digitale».
All’interno di DIGEAT verrà presentata anche la performance editoriale ANABASI, di che si tratta?
«Proprio cercando di fondere più arti ho chiesto a Marcello Moscara, fotografo, e a Chiara Saurio, visual designer, di aiutarmi a realizzare visivamente la dimensione del digitale con scatti e disegni. Ed ecco che sono nate sequenze fotografiche con testi sintetici, non solo racchiusi in un libro, ma che si prestano alla realizzazione di mostre. E la stessa intelligenza artificiale di cui si parla nel volume sarà protagonista di una performance teatrale di Emilio Gatto, autore e regista, che “dialogherà” con lei e il pubblico».
Tirando le somme, cosa spera di trasmettere a chi parteciperà al festival?
«Spero nel recupero della verifica delle fonti, della qualità dei dati, perché oggi siamo vittime potenziali di costante manipolazione. I motori di ricerca, le IA, Google sono strumenti incredibili ma ci profilano costantemente e in maniera inconsapevole. Se cominciamo a rendercene conto, recuperiamo quella dimensione umana che ci permette di essere liberi, come quando entravamo nei negozi di dischi e sceglievamo un album solo guardando la copertina. Oggi tutto è orientato dai comportamenti precedenti, veniamo bombardati da pensieri simili ai nostri e tutto questo non consente l’evoluzione. La consapevolezza ci aiuta a tutelare quei diritti fondamentali che ci siamo guadagnati nel mondo analogico».