Il fatto

Ladri «sacrileghi»: a Molfetta e a Ceglie rubate opere sacre da una casa e dal cimitero

Marisa Ingrosso

Nel Barese trafugato il S. Michele dei “miracoli”, nel Brindisino sparisce statua della Madonna dell'800, in cartapesta e porcellana

MOLFETTA - Rubata da una residenza privata di Molfetta la statua di San Michele dei «miracoli». A denunciarne il furto alla locale stazione dell’Arma è stato uno degli eredi degli storici proprietari dell’abitazione di via Mammoni n. 20. «In questa antica e piccola casa posta nel centro storico della città - ricostruisce Stefano de Carolis, carabiniere d’esperienza, abile cacciatore di opere d’arte, nonché autore di saggi storici - a fine 800 nasce il marinaio Pasquale Camporeale. Nel 1911 convola a nozze con la molfettese Brattoli Marianna e hanno tre figli un maschio di nome Michele e due femmine, Giuseppina e Serafina».

Scoppia il Primo conflitto mondiale e «mentre Pasquale va al fronte, la moglie Marianna, quasi per caso, ascoltando alcuni misteriosi rumori provenire dal un muro della propria abitazione, scopre una nicchia murata con al suo interno una pregevole scultura di San Michele Arcangelo. Grida subito al miracolo! E da quel momento quella casa diverrà un luogo di pellegrinaggio di amici, parenti e di concittadini di Molfetta». Si ignora come quella statua sia finita dentro il muro. De Carolis non esclude che in via Mammoni sorgesse, in tempi remoti, «un’antica chiesetta o confraternita poi demolita. Anticamente accadeva che per il timore di Dio o per altro motivo, lasciavano murati simboli o statue varie».

La signora Marianna, intanto, si prende cura dell’Arcangelo, fa adornare di stucchi la nicchia e allestisce un ricco altarino votivo con tanto di vetro di protezione della statua. Nel giorno di San Michele - sottolinea De Carolis - «con la presenza del parroco e di numerosi fedeli viene anche celebrato un rito religioso di ringraziamento. In quella scultura la fede diventa così forte che molti molfettesi chiedono grazie e portano ex voto. Suo figlio Michele, classe 1936, a seguito di un incidente, da un medico del luogo, viene operato al ginocchio proprio sotto quella nicchia con il santo. Nel 1959 muore Pasquale Camporeale e nel 1982 la signora Marianna Brattoli. Dopo la morte dei proprietari, la casa di via Mammoni n.20 viene disabitata e chiusa. Tuttavia - spiega De Carolis - la venerazione a San Michele continua con i tre figli, sino a quando una notte, di fine anni 90, ignoti malfattori o non, trafugano dalla nicchia la statua di San Michele».

I Camporeale sperano ancora di riuscire a recuperarle ecco perché hanno presentato (lo scorso 21 dicembre) una denuncia ufficiale con, a corredo, anche una foto della statua.

«Pubblicando la foto della pregevole scultura - dice Stefano De Carolis - qualcuno potrebbe ravvedersi e potrebbe darci notizie importanti, chiamando i Carabinieri di Molfetta». Inoltre, «la denuncia di furto e la foto della scultura verranno caricati nella nostra straordinaria banca dati dell’Arma con tutti i beni rubati». E chissà che, alla fine, non siano proprio i carabinieri a riportare al suo posto la statua di San Michele Arcangelo che, come è noto, è protettore della Polizia di Stato, oltre che della Brigata paracadutisti «Folgore».

CEGLIE MESSAPICA, SPARITA LA STATUA DELLA MADONNA (di Agata Scarafilo)

Continuano incessanti i furti presso il cimitero di Ceglie Messapica. Razzie che vanno dai semplici fiori a manufatti e corredi funerari, anche di inestimabile di valore. Questa volta ad essere stata presa di mira è stata una statua della Madonna dell’800, raffigurante l’Addolorata, che era allocata nella tomba della famiglia Gioia. Una statua di 89 centimetri con il corpo in cartapesta e la testa di porcellana di valore artistico, ma soprattutto affettivo che ha profondamente scosso la famiglia in questione, che purtroppo oltre ad aver subito il furto ha dovuto sopportare anche il danno della porta scardinata della tomba. Il caso è stato portato a conoscenza sia del custode del cimitero, che dell’Amministrazione comunale e della Stazione dei Carabinieri di Ceglie Messapica. Purtroppo, come si diceva, non è il primo caso che viene portato agli onori della cronaca anche a mezzo dei social dove la rabbia, la tristezza e la delusione difronte questi atti delinquenziali scuote le coscienze, soprattutto perché avvengono in un luogo sacro dove oggetti e manufatti richiamano ricordi, affetti e spesso l’ultimo dono del distacco terreno con i propri cari.

Eppure neanche il rispetto dei morti frena la mano di chi, magari per pochi spiccioli, non esita a rubare e ad aggiungere al dolore altro dolore.
Emerge a chiare lettere che è necessario mettere in sicurezza il camposanto di Ceglie Messapica.
«Abbiamo bisogno di telecamere nel cimitero – afferma la famiglia Gioia - e la chiusura delle porte laterali che rimangono sempre aperte consentendo, ad ogni ora, a chiunque di entrare».

I ladri dovrebbero sapere, inoltre, che chi depreda nei cimiteri rischia davvero grosso in quanto, rispetto alle altre casistiche di furto, il Codice penale tutela la pietà verso i defunti, ossia quel diffuso sentimento che si manifesta nel rispetto tributato ai defunti ed alle cose destinate al loro culto nei cimiteri e nei luoghi di sepoltura. La legge italiana, infatti, nel tutelare il sentimento religioso e la memoria delle persone che non ci sono più, configura il furto nei luoghi di sepoltura come reato di vilipendio (offesa lesiva di valori riconosciuti e protetti dalla tradizione e dalle leggi dello Stato), prevedendo la reclusione da sei mesi a tre anni.

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